Crocifisso a scuola: slogan e poche idee

AVVENIRE
(Domenica 25 Novembre 2001)

di Mirella Poggialini

Crocifisso a scuola: slogan e poche idee

La votazione finale de L'assemblea, su Italia 1 ieri alle 15,30, ha sommato 35 voti favorevoli e 62 contrari, rispetto alla domanda "Siete favorevoli a togliere il Crocifisso dalle scuole pubbliche?". Un esito apparentemente positivo, se non fosse per l'impressione di trita superficialità che il dibattito ha lasciato. Perché è mancato ancor più del solito (segno certamente di naturale ingenuità) il senso di un coinvolgimento che non fosse emozionale e fazioso: il ragionamento e la logica sono mancati quasi sempre, negli interventi spesso gridati dei giovani "deputati", che sembravano ripetere slogan e riportare echi di frasi e concetti altrui, impugnati come martelli e agitati con piglio da stadio. È evidentemente di moda (nell'incapacità di distinguere fra la definizione di "non credente" e quella di "ateo") proporsi come atei. E si sono sentiti molti dei ragazzini proclamarlo con sussiego, come se esserlo fosse motivo di orgoglio, e la fede una debolezza. Così nell'assemblea degli strilli, modellata sugli insegnamenti dei contrasti fittizi pilotati in tv dalle varie De Filippi, D'Eusanio e Panicucci, anche i giovanissimi intervenuti si sono esibiti con fervido entusiasmo, pur di acchiappare il microfono e di gridare le loro affermazioni così evidentemente orecchiate. Il che ha fatto pensare, con preoccupazione, al gran lavoro che gli insegnanti devono compiere, per ricondurre al ragionamento e all'espressione corretta i loro energici alunni educati all'urlo più che alla riflessione. Sulla tolleranza religiosa e sulla opportunità di lasciare il Crocifisso nelle aule, poi, le idee erano molte e confuse: né hanno fatto chiarezza gli adulti invitati a sostenere le due parti: Sgarbi ha giocato tra i termini "togliere" e "non mettere"; mentre Alain Elkann ha mostrato signorile indifferenza, attingendo ai suoi ricordi di piccolo ebreo in una scuola italiana: e ha spiegato che per lui il Crocifisso era poco più di un mobile, "come la professoressa o la lavagna". Affermazione immediatamente ripresa dai giovani orecchianti, così che il Crocifisso-mobile è divenuto per il resto del tempo un tormentone. E così via confondendo, con l'esibizione della giovane definitasi "strega wiccana", che non teme il Crocifisso, perché si è disegnata il pentacolo sul banco: e l'estensione della libertà di culto alle sette più varie. Così che alla fine uno dei giovani ha avuto buon gioco nell'auspicare una parete-poster, nell'aula, cosparsa dei segni di ogni credenza, tanto per non far torto a nessuno. Del Crocifisso come segno della nostra civiltà, oltre che simbolo religioso, si è perso per via l'appello: anche perché qualcuno si è scagliato contro i simboli. "I simboli sono sbagliati", ha affermato: ignaro di vivere in un mondo che dei simboli fa il suo universale linguaggio. E l'invito ad abolire tutte le religioni, se portano odio e non amore, gridato da un giovanissimo, è apparso l'epitome di una confusa e raffazzonata contesa con scambio di slogan più che di pensieri.

(Mirella Poggialini)




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