Ma è l'esito scontato di scelte dell'establishment ecclesiale
CORRIERE DELLA SERA
6 gennaio 1999
CRONACHE
di Vittorio Messori
IL COMMENTO
Ma è l'esito scontato di scelte dell'establishment ecclesiale
Monsignor Gaetano Bonicelli ha, naturalmente, ragione nel denunciare l'inefficacia della catechesi praticata da decenni nella Chiesa. Altrettanto naturalmente, però, Monsignore - consacrato vescovo già nel 1975 - sarà consapevole che quell'ignoranza sulle cose cattoliche non è l'effetto di qualche oscura congiura di miscredenti, ma è l'esito scontato di scelte dell'establishment ecclesiale. Dalla fine del Vaticano II, nel 1965, sino al 1992 (dunque, per 27 anni), la Chiesa ha deciso di non aver e più un «catechismo», un compendio ufficiale delle verità di fede e di morale da confessare e da praticare per poter dirsi «cattolici». Per quel lunghissimo tempo, la «trasmissione della fede» è stata abbandonata a strumenti eterogenei, spesso appro vati dagli episcopati, ma ad experimentum e dove spesso, più che la fede, si annunciavano le ossessioni ideologiche del momento: pacifismo, ecologismo, solidarismo, umanitarismo, buonismo... Ho qui, ad esempio, Pierres Vivantes (Pietre Vive), il «cat echismo» ufficiale della Chiesa di Francia per gli anni Ottanta. Basti dire che alla Vierge Marie è dedicata una pagina sola, al fondo del volume. In quell'unica pagina, la maggior parte del testo è occupato dal Magnificat e dall'Ave Maria. Po i, in piccolo, una mezza colonnina, dove non c'è traccia alcuna dei dogmi della verginità perpetua (si dice anzi, senza specificare, che «Giuseppe era suo marito») né della assunzione al Cielo. Nel 1992, ecco finalmente quel Catechismo della Chiesa Cattolica che mancava da quasi un trentennio. A conferma del bisogno, divenne subito un best seller. Cinque anni dopo la sorpresa (non annunciata in alcun modo dalle solenni presentazioni del '92): si pubblicava la Editio Typica, in latino, con oltr e 100 modifiche che rendevano inutilizzabile quella precedente. Da qui, alcuni interrogativi: in un testo dove ogni parola conta, è ammissibile non sapere se sia normativa la stesura originale in francese o quella latina, detta «definitiva», m a in realtà traduzione di quella nell'idioma «gallico»? Hanno forse torto i milioni di acquirenti, spesso a caro prezzo, dell'edizione del '92, che hanno protestato perché si sono trovati in mano un «prodotto scaduto», senza che li si avvertisse prim a? Soprattutto: che pensare di una presentazione ufficiale del depositum fidei che ci si è premurati di ritoccare per tenere conto di proteste politically correct, soprattutto in tema di pena di morte, omosessualità, masturbazione? Ancora: dove è fin ito il rigore della Chiesa, se gli stessi responsabili hanno confessato di avere dovuto «sottoporre ad accurata revisione tutte le citazioni», correggendo non poche imprecisioni quando non errori? Domande dolorose, per un cattolico. Molte altre potre mmo farne, con sofferenza solidale. Ma queste bastino, come prima riflessione su quello che lo stesso card. Ratzinger ha chiamato «il disastro dell'attuale catechesi».
(Vittorio Messori)