Monti e Tognetti, Pio IX e la pena di morte
CORRIERE DELLA SERA
Sabato, 16 settembre 2000
di Vittorio Messori
Monti e Tognetti, Pio IX e la pena di morte
Nell' autunno 1867 Garibaldi marciava su Roma: sarà poi messo in fuga dai franco-pontifici con l'umiliante disfatta di Mentana. A Roma era stato proclamato lo stato d' assedio, con conseguente codice di guerra. Il 22 ottobre, due barili di polvere nelle fogne della caserma Serristori, presso il Vaticano, uccidevano, esplodendo, ventitré zuavi francesi e quattro inermi popolani romani. I colpevoli della strage, Giuseppe Monti e Gaetano Tognetti, subito catturati, confessavano e rivelavano imbarazzanti retroscena sui finanziamenti «piemontesi». Dopo uno scrupoloso processo, durato oltre un anno, i due terroristi erano condannati a morte. Malgrado nessun giurista, in tutta Europa, avesse alcunché da obiettare, viste anche le leggi di guerra, Pio IX era propenso a concedere la grazia. Ne fu impedito dalla dura protesta dei francesi e dei congiunti delle innocenti vittime romane. Singolare il fatto che i due condannati stessi, pentiti, rifiutassero di chiedere clemenza, vedendo nel patibolo il solo modo per espiare la colpa di 27 assassinati. Niente di questo sta nella dimenticata, ma a lungo popolarissima, ode di Carducci per i martiri Monti e Tognetti. Poiché questi sono i fatti, sorprende di vedere pubblicata sul Corriere (13 settembre) una lettera dove tal Donato Mutarelli parla di Monti e Tognetti come di misere e incolpevoli vittime di un uso efferato della ghigliottina, di ragazzi di vent'anni, sacrificati dalla mostruosa ragion di Stato vaticana. Sembra proprio che, quando si tratta del beato Pio IX, la verità sia un fastidioso accessorio, ciò che importa essendo lo schema ideologico.
(Vittorio Messori)