di Stefano Secondino Crocifisso tolto in aula, insegnante sotto accusa
La professoressa lo ha messo da parte dopo l'arrivo di uno studente musulmano. Insorgono le famiglie, la preside lo fa riappendere. "E' una scelta superficiale". "Meglio rimuoverli dalle classi"
(Secondino Stefano, Pollo Paola)
L'episodio in una scuola media di La Spezia. Critiche anche dalla comunità islamica della città: «Eccessivo, poteva evitare di farlo» Crocifisso tolto in aula, insegnante sotto accusa La professoressa lo ha rimosso dopo l'arrivo di un nuovo studente musulmano. Insorgono le famiglie, la preside lo fa riappendere GENOVA - Alla supplente di italiano, era sembrato un bel gesto, il trionfo della correttezza politica. Togliere il crocifisso dall'aula, per non turbare la sensibilità di uno studente musulmano di 14 anni. Invece la decisione della professoressa della media «Cattaneo» di La Spezia non è piaciuta a nessuno. Non ai genitori degli studenti. Non alla preside, che ha fatto rimettere al suo posto il crocifisso. Non alla comunità islamica spezzina, che ha ritenuto «eccessivo» lo zelo dell'insegnante. Non alla Lega Nord, non alla Cei e neppure all'ex ministro della Solidarietà sociale, Livia Turco. La piccola guerra del crocifisso è cominciata lunedì mattina in una scuola media di Melara, alla periferia di La Spezia. In una classe prima è arrivato un ragazzo rom, da poco in città con la famiglia. I servizi sociali del Comune si erano accorti che non andava a scuola ed erano riusciti a convincere i genitori a fargliela frequentare. In classe lo studente ha trovato 29 compagni e una giovane supplente annuale di lettere. Questa, seguendo le indicazioni della scuola, ha subito avviato quella che viene definita «attività di accoglienza». Al ragazzino rom è stato chiesto di par lare di sé. Quando è emerso che era musulmano, la professoressa si è messa a parlare di tolleranza. Poi, pensando di dare un esempio di convivenza, ha tolto il crocifisso appeso sopra la cattedra. I compagni di classe appena tornati a casa hanno raccontato il fatto ai genitori, che hanno cominciato a telefonare alla scuola protestando. La preside, Gabriella Tartarini, è caduta dalle nuvole: «La supplente ha ecceduto - è stato il suo commento -: doveva informarmi, decisioni simili spettano agli organi collegiali. Io sono cattolica, nel mio ufficio il crocifisso c'è e ritengo che la nostra civiltà e la nostra religione vadano rispettate, così come ritengo un valore la tolleranza». «E' stato un tentativo di far comprendere al ragazzo che questa è una scuola statale e non confessionale - ha commentato il provveditore Roberto Bacchioni, che si definisce studioso dell'islamismo -. Per i professori spezzini abbiamo organizzato corsi di cultura islamica». Ma Bacchioni è l'unico a difendere la supplente. «L'insegnante ha ecceduto - è stato il commento dell'ex ministro Livia Turco -, anche se il suo comportamento è nato dalla giusta preoccupazione di accogliere il nuovo studente». «Idea del tutto fuori luogo», è stato il giudizio dell'agenzia della Cei «Sir». Scontate le proteste della Lega Nord: «Non si può accettare passivamente la subordinazione della nostra cultura e delle nostre tradizioni religiose ad un integralismo islamico sempre più aggressivo», ha detto il vicepresidente del consiglio regionale ligure, Francesco Bruzzone. Ma anche la comunità islamica spezzina, 1.200 persone, 60 studenti nelle scuole italiane, non ha gradito la rimozione del crocifisso: «E' stato un gesto eccessivo - ha commentato il segretario della comunità Moulay El Akkioui -, quella professoressa poteva anche evitarlo. Però non trovo che sia stato scandaloso, visto che l' ha fatto in buona fede».
(Stefano Secondino)
IL VESCOVO ANFOSSI «Non ha fatto da educatrice»
MILANO - Monsignor Giuseppe Anfossi, vescovo di Aosta, non ha dubbi sul fatto che il gesto del professore di La Spezia sia stato quanto meno superficiale e ben lontano da quello che dovrebbe essere il compito di un educatore, cioè spiegare. Quale riflessione le suggerisce questo episodio? «La prima cosa che mi viene da dire, così, senza pensarci, è che nei loro paesi non ti permettono neanche di portare un Vangelo nella valigia. Dunque credo che un minimo di attenzione reciproca dovrebbe esserci, semmai». Già, ma stiamo parlando di ragazzi. «L'educatore non deve certo essere uno che fa gesti che al massimo possono persuadere lui. Ma deve tenere conto della collettività. In questo caso dei ragazzi, appunto, che più di altri hanno bisogno di parole, spiegazioni». Non togliere ma spiegare, allora. «Penso a un'altra osservazione che mi viene da lontano e che condivisi con l'allora presidente delle Repubblica, Sandro Pertini: il crocefisso è anche simbolo del dolore umano, della debolezza che vince sulla forza, della violenza che viene sconfitta. Ecco l'educatore avrebbe dovuto spiegare questo. Il suo compito è per istituzione quello di spiegare, raccontare, sollevare dubbi e non risolvere drasticamente le cose eliminando il problema. Rinunciando a parlare del crocefisso ha rinunciato al suo ruolo di educatore. E poi alla fine cosa ha ottenuto? Che ha onorato solo una parte, l'altra l'ha zittita».
(Pa. Po.)
LA SCRITTRICE MARAINI «Eliminarli da tutte le classi»
MILANO - La scrittrice laica Dacia Maraini comunque preferisce riflettere sull'episodio di La Spezia. Non parte in quarta perché l'Italia è un Paese profondamente cattolico e i gesti drastici non hanno mai risolto nulla. A sorpresa dunque approva? «Mi sono subito chiesta il perché di quel gesto. Sarebbe stato facile sentenziare senza sapere. Io, personalmente, sarei per togliere tutti i crocefissi dalle scuole in nome di una libertà di religione a suo tempo sancita. Perché il cattolicesimo non è più religione di Stato. Per nostra fortuna abbiamo separato la Chiesa, come momento religioso, dallo Stato civile. E sarebbe giusto e rispettoso delle decisioni prese a suo tempo di affermarlo. L'episodio di La Spezia potrebbe indurre a una riflessione su questo». Allora crocefissi fuori da tutte le scuole? «Sì, da tutte le scuole sì. Ma non da un'aula sola. Non ha senso. E' uno di quei gesti drastici e simbolici che alla fine rasentano la prepotenza e ottengono l'effetto contrario. Il rispetto per il nuovo arrivato si poteva dimostrare in un altro modo, spiegando cosa quella croce rappresenta per i cattolici». Il professore allora ha sbagliato? «Forse non sì è neanche reso conto. Ma un gesto simbolico come quello in un Paese così profondamente cattolico non poteva che sortire reazioni forti. A volte una ragione giusta non basta, da sola, a modificare lo stato delle cose».
(Pa. Po.)
LA SCHEDA
IN ITALIA E' tra il 1924 e il 1925 che la presenza dei crocifissi nelle scuole e negli edifici pubblici trova la sua base giuridica. Nel ' 48 però la Costituzione sancisce l' eguaglianza delle religioni di fronte alla legge e nell'84 il Concordato stabilisce la laicità dello Stato italiano
LA SENTENZA E' del 1988 la sentenza del Consiglio di Stato secondo la quale, nonostante il Concordato, i crocifissi possono comunque restare esposti nelle scuole perché «a parte il significato per i credenti, rappresentano il simbolo della civiltà e della cultura cristiana nella sua radice storica, come valore universale indipendente da un a specifica confessione religiosa»
LA CASSAZIONE In materia, la Corte di Cassazione si è espressa una volta lo scorso anno, in seguito al ricorso di uno scrutatore che si rifiutò di presenziare un seggio elettorale in un'aula scolastica dove era appeso un crocifisso. La Corte gli diede ragione