Note a "La Libertà Religiosa"
1) Come si
vede, i Papi hanno insegnato tassativamente che la propaganda
delle religioni false devessere "impedita",
"repressa" ("Ci riesce"), se
necessario pertanto con coercizione esterna. Essendo così, non
è soltanto lerrore astrattamente considerato che manca di
diritti ("Libertas", p. 196; "Ci
riesce"), ma anche le persone concrete che
diffondono lerrore in materia religiosa ("Syllabus"
di Pio IX, proposizione 78, Enc. "Libertas", p.
196).
Daltra parte, i Papi non
hanno condannato soltanto la libertà religiosa assoluta e
illimitata, che offende la moralità e lordine pubblico (Enc.
"Libertas"). Ma hanno dichiarato espressamente
che la diffusione dellerrore, in quanto tale, devessere
impedita, anche nei casi in cui non pregiudichi il cosiddetto
ordine pubblico (Enc. "Quanta cura", "Libertas",
e "Ci riesce").
2) Nelloccasione
dei dibattiti conciliari sulla libertà religiosa, alcuni autori
tradizionalisti, desiderosi di dare una spiegazione ortodossa
allo schema, cercarono di difendere la tesi che, in un senso o
nellaltro, gli adepti delle false religioni godono di un
vero diritto a praticare pubblicamente e diffondere la
loro religione.
Registriamo qui due di questi
tentativi. Il P. Marcelino Zalba S. J. difese la tesi che la
coscienza invincibile erronea genera veri diritti, anche se
secondari, cioè che cedono davanti al diritto superiore del
cattolico, il quale possiede la verità oggettiva ed intera (Cf.
"Gregorianum", 1964, pp. 94-102; "Periodica",
1964, pp. 31-67). Questa tesi non ci sembra in armonia né con i
principi del diritto naturale, né con gli insegnamenti dei Papi
precedenti. Lerrore, in quanto tale, non può generare veri
diritti di nessun genere, ma soltanto diritti putativi.
Mons. Temino ha proposto la teoria,
secondo la quale chi non conosce il cattolicesimo o non è
persuaso della sua verità, ha il diritto di professare la sua
religione, nella misura in cui questa contiene il diritto
naturale o ad esso non si oppone. Ma tale diritto cede davanti
alla religione cattolica (La conciencia y la Liberdad
Religiosa, Burgos, 1965, p. 72). Unanalisi
approfondita di questa posizione eccederebbe i limiti che ci
siamo proposti in questo studio. Basti qui osservare che la
teoria di Mons. Temino non giustificherebbe in nessun modo quello
che è il punto centrale della "Dignitatis Humanae":
laffermazione di un vero diritto allimmunità da
coercizione con la religione cattolica.
3) Quali sono
i "limiti dovuti" entro i quali cè il
"diritto" di immunità da coercizione esterna in
materia religiosa?
Largomento è trattato "ex
professo" nel n. 7 della "Dignitatis Humanae":
lesercizio della libertà religiosa non deve pregiudicare
la composizione pacifica dei diritti di tutti i cittadini, né lonesta
pace pubblica basata sulla vera giustizia e nemmeno la moralità
pubblica.
Sulla scorta dei documenti di una
serie di Papi, è evidente che le religioni false non hanno il
diritto né allesistenza né alla propaganda. Non si può
perciò parlare di un vero diritto allimmunità da
coercizione nellordine civile. Stando così le cose, il
problema dei limiti di un tale diritto è ozioso: dove non cè
il diritto, non si pone neppure la questione dei suoi limiti.
Ci sia pertanto lecito osservare
che la "Dignitatis Humanae" propone per la
libertà in materia religiosa gli stessi limiti che la "Dichiarazione
dei diritti delluomo" dellONU stabilisce per lesercizio
della libertà di coscienza e di religione, e che riscontrano, più
o meno, nelle Costituzioni liberali delle nazioni moderne,
ispirate ai principi della Rivoluzione Francese.
Inoltre, merita qui una nota
speciale limpostazione pluralistica della "Dignitatis
Humanae", che per sua natura non si rivolge soltanto ai
cattolici, ma orienterà anche i non cattolici (governanti o
privati) in materia di libertà religiosa. Così, quando essa
parla di "composizione pacifica di diritti", a quali
diritti si riferisce? Pretende la "Dignitatis Humanae"
presupporre ammessi da tutti, come norma della convivenza
sociale, i postulati del diritto naturale? La Dichiarazione
conciliare guadagnerebbe molto se lo dicesse chiaramente. In
effetti, data lampiezza con cui la "Dignitatis
Humanae" definisce la libertà civile in materia
religiosa, perché mai essa escluderebbe, per esempio, il
concetto che hanno i marxisti della religione? Al contrario,
perché escluderebbe il concetto di "onesta pace pubblica",
"vera giustizia" predicati per esempio dai governi
liberali o dai governi totalitari?
La mancata definizione nella "Dignitatis
Humanae" dei limiti del "diritto" di immunità
da coercizione esterna in materia religiosa (Diritto questo che daltronde
non esiste) è un elemento che in pratica viene a favorire certi
movimenti eterodossi nella loro lotta contro la Santa Chiesa.
4) Nellaula
conciliare, parlando in nome della Commissione del Segretariato
per lUnità dei Cristiani, Mons. de Smedt dichiarò: «Libertas
seu immunitas a coercitione, de qua agitur in Declaratione, non
[...] agil de relationibus inter fideles et auctoritates in
Ecclesia» (Schema Declarationis de Libertate Religiosa,
1965, p. 25). Ben sappiamo la grande importanza che hanno queste
parole per linterpretazione del documento conciliare. Ciò
nonostante, non possiamo esimerci dal lamentare qui la grande
confusione che certe espressioni della "Dignitatis
Humanae" introducono nella dottrina concernente il
potere coercitivo della Chiesa sui suoi sudditi.
Perché mai il pensiero di Mons. de
Smedt non è stato incluso nel testo conciliare? Questa
omissione, già di per sé, in un testo che vuole trattare "ex
professo" dellimmunità da coercizione esterna in
materia religiosa e che fa lanalisi particolareggiata delle
conseguenze di tale immunità, porta naturalmente il lettore a
pensare che anche la Chiesa non può esercitare coercizione
esterna sui suoi sudditi.
Inoltre, la Dichiarazione difende
la "libertà sociale e civile" in materia religiosa (sottotitolo,
et passim). Ora, la parola "sociale", nel suo senso
comune ed anche tecnico, comprende anche la Chiesa.
Il testo conciliare proclama in
termini talmente tassativi ed universali il cosiddetto "diritto",
allimmunità da coercizione esterna in materia religiosa,
che nella sua sana logica non si vede come conciliarlo con il
diritto della Chiesa ad esercitare coercizione sui suoi sudditi (imporre
pene, ecc.). Poiché come potrebbe la Chiesa contraddire un
diritto che è presentato con tutte le caratteristiche di un
diritto naturale?
Nel numero 1 della "Dignitatis
Humanae", leggiamo: «Il Sacro Concilio professa
pure che questi doveri attingono e vincolano la coscienza degli
uomini, e che la verità non si impone che in virtù della stessa
verità, la quale si diffonde nelle menti soavemente e insieme
con vigore.»
Nel contesto, il senso è chiaro:
questi doveri toccano e vincolano soltanto la coscienza. Come può
allora la Chiesa, logicamente, imporre pene? E, se prendiamo le
parole nel loro senso naturale, come conciliare, per esempio, le
pene medicinali imposte dalla Chiesa con il principio secondo il
quale «la verità non simpone se non in forza della
stessa verità»?
Siccome questa questione va oltre
gli obiettivi che ci siamo prefissi nel presente studio, vogliamo
qui soltanto accennarla brevemente, mettendo in risalto il
pericolo che ci sarebbe nellindebolire la dottrina sul
potere coercitivo della Chiesa. A questo proposito, Leone XIII ha
scritto nellEnciclica "Libertas":
«Altri ammettono di fatto la
Chiesa, e non potrebbero non ammetterla: non le riconoscono però
la natura e i diritti di società perfetta con vero potere di far
leggi, giudicare, punire, ma solamente la facoltà di esortare,
persuadere, governare, chi spontaneamente e volontariamente le si
assoggetta. Con tali idee snaturano lessenziale concetto di
questa divina società, ne restringono ed assottigliano lautorità,
il magistero, linfluenza...»
5) Senza
dubbio, diversi Papi hanno messo in relazione la libertà
religiosa legittima e onesta con la dignità umana. Tuttavia,
questi Papi mai hanno dedotto dalla dignità umana qualsiasi
diritto al male o allerrore; al contrario, hanno sempre
insegnato che la dignità umana non è negata né violentata
quando, nei dovuti casi si reprime il male. Ancora: hanno
insegnato che tale repressione del male contribuisce soltanto al
perfezionamento degli individui e della società e, perciò, è
perfino richiesto dalla dignità umana intesa nel suo senso
autentico.
Nel dedurre dalla dignità umana un
vero diritto a professare pubblicamente lerrore in
materia religiosa, la Dichiarazione del Vaticano II si colloca in
posizione diversa da quella dei Papi precedenti. E,
dottrinalmente, si mette in una posizione insostenibile per la
sana logica, poiché sarebbe concepibile che la dignità umana
fondi un diritto al male solo nel caso che essa in qualche modo
sia fuori o al di sopra dellordine morale.
6) Nella
versione ufficiale italiana, questo stesso testo dice: «Il
credente ha un diritto inalienabile di professare la sua fede e
di praticarla in quella forma che ad essa conviene. Quelle leggi,
che sopprimono o rendono difficile la professione e la pratica di
questa fede, sono in contrasto col diritto naturale.» (AAS, 1937,
p. 182)