di Marco Politi
Il violento guizzare delle fiamme, il puzzo nauseabondo della carne bruciata, il mucchio macabro delle ossa combuste mescolate a brandelli di carne e alle fascine incenerite. Così finì, sulla piazza di Costanza, Jan Hus bruciato vivo per eresia, per volontà di Santa Romana Chiesa. Non fu il primo, non fu l'unico predicatore dissidente massacrato per essersi contrapposto all'istituzione ecclesiastica, ma rimase uno dei più celebri. L'esempio di un riformatore di grande rigore e moralità, attirato al concilio di Costanza con la promessa solenne di un salvacondotto e proditoriamente ucciso nel 1415. Martin Lutero un secolo dopo abbandonerà precipitosamente, nottetempo, la dieta di Worms per non fare la stessa fine.
Per quel rogo sinistro Giovanni Paolo II fa ora solenne autocritica: "Oggi, alla vigilia del grande giubileo - dichiara il pontefice romano - sento il dovere di esprimere il profondo rammarico per la crudele morte inflitta a Jan Hus e per la conseguente ferita, fonte di conflitti e divisioni, che fu in tal modo aperta nelle menti e nei cuori del popolo boemo". C'è un motto che, dalle fiamme di Costanza in poi, è circolato fra i Fratelli cechi (così si chiama la Chiesa dei seguaci di Hus) e che li ha sorretti nei momenti più duri quando il papato romano li perseguitava lanciando crociate contro di loro: "Pravda vitezi. La Verità vincerà". La Verità ha vinto. Un Papa polacco, figlio di una terra i cui re si vantavano di non avere mai mandato i propri cittadini al rogo, rende ora omaggio al grande boemo Hus, protestante ante litteram, duro accusatore della corruzione del clero medievale, fautore di una Chiesa povera e retta secondo regole comunitarie. Wojtyla, già durante la sua prima visita a Praga all'inizi del decennio, aveva espresso la speranza in una riconciliazione. Adesso è andato più in là, pronunciando un vero mea culpa. L'occasione è rappresentata da un convegno dedicato al riformatore boemo, prete, teologo ed eloquentissimo predicatore, ma sullo sfondo emerge la volontà del pontefice di guidare nel terzo millennio una Chiesa purificata.
Non tutti nella Curia romana condividono l'ansia di pentimento di Wojtyla, ma il Papa è tenacemente convinto che i cattolici non hanno nulla da temere affrontando la glasnost in casa propria. "La fede non ha nulla da temere dall'impegno della ricerca storica - afferma Giovanni Paolo II - perchè la verità ha in Dio la sua fonte". Schivando pressioni ideologiche e distorsioni si può e si deve arrivare "ad una rievocazione degli eventi storici che sia realmente imparziale e, come tale, vera e liberante". Di più: una figura come Jan Hus, dopo essere stata in passato punto di contesa, può diventare un fattore di dialogo fra i cristiani. E' un modo di trasformare errori ed orrori della storia in uno stimolo alla riunificazione dei cristiani.
Per il presidente ceco Vaclav Havel, che oggi incontrerà il Papa, le parole di Wojtyla sono uno splendido regalo alla nazione ceca. L'albero che quest'anno Havel ha regalato a piazza san Pietro brillerà anche per Hus. "Il gesto del Papa è molto coraggioso e costituisce un importante passo in avanti nelle relazioni fra cattolici e protestanti", ha commentato il pastore Pavel Smetana, presidente della Chiesa dei Fratelli cechi. Ora Roma dovrà rivalutare Hus anche come riformatore di tutta la Chiesa. E' anche l'opinione di uno storico polacco, Stefan Swiezawski, amico di Wojtyla da lunga data, che in silenzio ha lavorato dietro le quinte in vista dell' odierna svolta.