Giovanni Torti
ABORTISMO ED ERESIA
Quali che siano le motivazioni che oggi può assumere,
nel suo fondo l'ideologia abortista (che va tenuta ben distinta dalla pratica dell'
aborto) si ricollega a quelle dottrine secondo cui la trasmissione della vita sarebbe
cosa intrinsecamente non buona in quanto connessa col mondo della "tenebra" e della
"natura cattiva".
E' proprio di tali dottrine considerare il concepimento
e la gravidanza come una sorta di maledizione, come un processo ontologicamente
maligno che si instaura nella donna. Nell'anno 563 il secondo sinodo di Braga, al
canone 12, dichiarò contro i Priscillianisti e i Manichei (ma la condanna può valere
per tutte le sette gnostiche dell'antichità): "Se qualcuno... afferma che il prodotto
del concepimento prende forma nel grembo materno delle madri per opera dei demonii...
sia scomunicato" (1). In età posteriore, dal secondo ottavo in poi, nei paesi
bizantini i Bogomili, rigorosi dualisti, insegneranno, richiamandosi ad Eva, che la
donna diviene gravida con il concorso di Satana il quale dimora in lei sino al momento
del parto (2). Dai Bogomili questa concezione passò, nel corso del XXI secolo, ai
dualisti d'Occidente, in particolare ai Catari. Si diceva allora alla donna gestante
quod pregnans erat de demonio (3), la si invitava a pregare Dio di liberarla dal
demonio che portava in grembo, quod rogaret Deum ut eam liberaret a demone quem
habebat in ventre (4). Se fosse morta in quello
stato non avrebbe potuto salvarsi (5).
Alle donne gravide i Catari si rifiutavano di conferire il consolamentum, ossia
l'imposizione delle mani che, secondo loro, comunicava con lo Spirito Santo e
introduceva i semplici credentes nell'ordine dei perfecti (6).
Si spiega così la preoccupazione costante e urgente di
sopprimere il prodotto del concepimento mediante l'aborto (oltre che, naturalmente,
con l'infanticidio). E' senza dubbio attendibile nel suo nocciolo, anche se non forse
in taluni macabri particolari, la testimonianza di Epifanio di Salamina secondo cui
gli gnostici Barbelioti praticavano i rapporti sessuali in piena e orgiastica
promiscuità ma vietavano la procreazione e se, per errore, qualche loro femmina veniva
ingravidata, procuravano regolarmente e quasi ritualmente l'espulsione del
concepito (7). Non meno attendibile è quanto, nel XII secolo, Goffredo di Auxerre
riferisce a proposito dei Catari della Francia meridionale (8). Costoro, scrive
Goffredo, predicano l'uso indiscriminato delle donne comprese le consanguinee più
strette, e nello stesso tempo, ritenendo la carne opera del demonio, insegnano che la
prole concepita o appena partorita dev'essere soppressa dalle madri con pratiche
omicide, conceptas soboles seu protinus editas maternis docent parricidiis
exstinguendas (9).
I materna parricidia (oggi si direbbe le "interruzioni
di gravidanza") sono dunque l'approdo di quella morale che noi chiamiamo "permissiva"
e che procede dal misconoscimento o dal disprezzo dell'ordine oggettivo e del
finalismo naturale delle cose, ossia della bontà della creazione visibile.
Giovanni Torti
(da Traditio, anno II, n. 5)