Gilbert Keith Chesterton

Voltaire

(1936)

Tutta la storia cristiana ebbe inizio da quel grande avvenimento mondano in cui Erode e Pilato si strinsero la mano. Fino a quel giorno, lo sapevano tutti nella buona società, i due non si parlavano quasi neppure. Qualcosa li indusse a cercare un reciproco appoggio, la vaga sensazione di una crisi, sebbene ciò che stava accadendo fosse la semplice condanna a morte di una comune banda di criminali.

I due capi si riconciliarono precisamente il giorno in cui uno di quei condannati fu crocefisso. Ecco ciò che molti intendono con la parola "pace": la sostituzione di un regno d'amore con uno di odio.

Si potrà discutere se nei ladri vi sia o no un senso dell'onore, vero è però che vi sono sempre dei rapporti sociali e vi è solidarietà fra gli assassini; e quei delinquenti che nel secolo sedicesimo cospirarono per uccidere Rizzio o Darnely (1) fecero sempre bene attenzione a dare il proprio nome, e specialmente i nomi dell'uno o dell'altro, a quella che chiamavano una "banda", così che nella peggiore delle ipotesi sarebbero almeno stati impiccati tutti insieme.

Di questa stessa natura sono molte amicizie politiche, anzi parecchie fraternità democratiche, e chi le sostiene si mostra stupito e rattristato di fronte al nostro rifiuto di riconoscere in questa forma di amore la mistica idea originale della carità.

Mi pare a volte che la storia venga dominata e condizionata da tali malvagie amicizie. Come tutta la storia cristiana ha inizio con la riconciliazione di Erode e Pilato, allo stesso modo l'intera storia moderna, nel recente senso rivoluzionario che si dà al termine, incomincia con la strana amicizia che finì in un litigio, come il primo litigio era finito in amicizia.

Alludo a quei due elementi di distruzione, che rendono sempre più precario il mondo moderno e che si scatenarono all'alba di quel giorno lontano in cui un magro signore francese con un'enorme parrucca in capo, Monsieur Arouet di nome (2), si mise in viaggio con non poco disagio alla ricerca del palazzo di un re prussiano, lassù nelle remote e gelide pianure baltiche.

Nelle cronache dinastiche, quel re si chiama Federico secondo, ma è più noto sotto il nome di Federico il Grande. Il signore francese si chiamava Arouet, ma è più conosciuto sotto il nome di Voltaire.

L'incontro di quei due uomini, avvenuto in un inverno del diciottesimo secolo scettico e laico, è una specie di spirituale connubio dal quale è nato il mondo moderno: mostrum horrendum, informe, ingens, cui lumen ademptum.

Ma se la nascita fu mostruosa e malvagia, non donò al mondo un'unica e sola cosa, bensì due cose in conflitto fra loro che avrebbero però insieme contribuito a fare in pezzi il mondo. Da Voltaire i latini avrebbero appreso le furie dello scetticismo. Da Federico i teutoni avrebbero appreso le frenesie dell'orgoglio.

Si può incominciare col dire che nessuno dei due si curava gran che della propria patria o delle tradizioni del suo paese. Federico era un tedesco che si rifiutò addirittura di imparare la lingua tedesca. Voltaire era un francese che scrisse una sconcia satira su Giovanna d'Arco.

Erano dei cosmopoliti, non erano patrioti in alcuna accezione del termine. Ma vi è questo da notare: il patriota, per quanto stupido sia, ama la patria, mentre il cosmopolita non prova la minima simpatia per il cosmo. Nessuno dei due aveva la pretesa di provare simpatie intense.

Dei due, il più umano era Voltaire, sebbene anche Federico sapesse in qualche occasione servirsi del freddo linguaggio umanitario allora in grande voga.

Ma anche nei suoi momenti migliori, Voltaire ha dato l'avvio a quella tendenza moderna che ha intristito tutto l'umanitarismo da lui pur onestamente sostenuto. Egli diede il via alla spaventosa abitudine di assistere gli esseri umani solo compassionandoli e senza mai rispettarli. Attraverso lui l'oppressione del povero diventò una specie di crudeltà verso gli animali, e fu la perdita di quel sentimento mistico per cui un torto fatto all'immagine di Dio è un insulto all'ambasciatore di un Re.

Nonostante tutto, io credo che Voltaire avesse un cuore, mentre Federico era più che mai senza cuore quanto più era umanitario.

Comunque, quei due grandi scettici s'incontrarono su di un piano concreto, solido e duro come la pianura baltica; sul fatto cioè che Dio non esiste (3), oppure che Dio non si preoccupa un bel nulla degli uomini, come non si occupa dei vermi del formaggio. Su questa base andavano d'accordo; e su questa base litigavano; era un fatto personale e volgare, ma finì per scatenare l'una contro l'altra due grandi forze dell'Europa, entrambe radicate nella medesima miscredenza.

Voltaire disse effettivamente: «Io ti dimostrerò che il sogghigno dello scettico può produrre una rivoluzione e una repubblica e abbattere tutti i troni.» E Federico ribattè: «E io ti dimostrerò che questo medesimo scetticismo ghignante può venire utilizzato altrettanto bene per resistere alle riforme, senza poi contare le rivoluzioni; che lo scetticismo può costituire il piedestallo del più tirannico dei troni, del nudo e bruto dominio di un padrone sui propri schiavi.» E così si separarono, e da allora sono stati divisi da due secoli di guerre; separati sì, ma probabilmente senza essersi detto "addio".

Di ogni malvagio seme si può vedere che esso è differente dal fiore, e che il fiore è differente dal frutto. Il demonio della deformazione deforma sempre un tal genere di seme, non consentendogli nemmeno di conservare la propria difforme natura. Potrà diventare qualunque co-sa, eccetto che una cosa buona.

Per usare il nomignolo scherzoso che il Professor Freud rivolge alla sua creatura, diremo che è "un pervertito poliforme". Queste cose non solo non producono quel dato bene che promettono, ma non producono nemmeno quel particolare male che minacciano.

La rivolta volterriana promise di produrre, e in parte produsse infatti, la sollevazione delle plebi e l'abbattimento dei troni, ma non fu la forma definitiva dello scetticismo. L'effetto attuale di ciò che noi chiamiamo democrazia e stato la scomparsa della plebe. Si potrebbe dire che vi era la plebe al principio della Rivoluzione e che non vi era più alla fine di essa. L'influenza volterriana non ha portato il governo della plebe, ma quello delle società segrete. Ha falsificato la politica in tutto il mondo latino, giù fino alla recente contro-rivoluzione italiana (4).

Voltaire ha creato ipocriti e pomposi professionisti della politica, di fronte ai quali sarebbe stato il primo a sghignazzare. Ma ho già detto che da questo lato sussiste un certo sentimento umanitario e civile non del tutto fuori della realtà. È pur sempre legittimo ricordare ciò che è davvero falso in questo campo della lotta europea quando si precisano gli errori molto più vasti e malvagi della parte opposta.

Perché è vero che lo spirito malvagio di Federico il Grande ha prodotto non soltanto tutti gli altri mali affini, ma anche quello che potrebbe apparire un male addirittura contrario. Colui che non adorava nulla è diventato un dio al quale viene offerta una adorazione cieca e assoluta. Colui che non si curava un bel nulla della Germania è diventato il grido di battaglia di quei pazzi che fanno della Germania la loro idea ossessiva.

Egli, il gelido cosmopolita, ha per sette volte acceso un inferno di furore nazionalistico che ancor oggi tiene l'umanità sotto la minaccia di una guerra che potrebbe segnare la fine del mondo (5).

Ma alla radice di entrambe le perversioni si trova il comune fondamento dell'ateismo irresponsabile; non vi era nulla che impedisse allo scettico di trasformare la democrazia in un governo di società segrete; non vi era nulla che lo fermasse sulla via che porta a interpretare la libertà come licenza di una tirannide senza freni.

Lo zero spirituale del Cristianesimo si trovava al punto del congelamento quando quei due uomini aridi, secchi, dal profilo tagliente si fissarono negli occhi incavati e vi lessero il sogghigno che è eterno come il ghigno del teschio. Fra loro due, sono perciò quasi riusciti a uccidere ciò che rappresenta il nostro principio vitale.

Questi due punti pericolosi, ovvero centri di instabilità, l'irrequietudine intellettuale dei Latini e quella molto anti-intellettuale dei Germanici, contribuiscono senza dubbio alla situazione precaria dei rapporti internazionali, e tanto più rappresentano una minaccia per tutto il mondo in quanto sono una minaccia l'uno per l'altro.

Ma una volta ammesso che i pericoli esistono da ambe le parti, viene in luce il principale fatto d'oggi, e cioè si vede che il pericolo si trova più che tutto da un lato, mentre da tanto tempo ci insegnano a riconoscerlo soltanto dall'altro.

Molta parte dell'opinione occidentale, specialmente inglese e americana, ha appreso ad avere un vago orrore di Voltaire insieme con un rispetto ancor più vago per Federico. I seguaci di Wesley (6) non confonderanno mai Wesley con Voltaire. Nessun Metodista avrà mai l'impressione che Voltaire sia stato Metodista egli stesso.

Ma molti ministri del culto protestante avevano effettivamente la impressione che Federico il Grande fosse un Eroe del Protestantesimo. Nessuno di loro aveva mai compreso che fra quei due il peggior ateo era Federico. Nessuno di loro aveva certo previsto che a lungo andare Federico sarebbe risultato il più anarchico dei due.

In breve, nessuno ha mai previsto ciò che in seguito è saltato agli occhi di tutti, e cioè che la Repubblica Francese sarebbe diventata una forza conservatrice, e che il Regno Prussiano sarebbe diventato uno strumento puramente distruttore e illegale (7). I Vittoriani sul tipo di Carlyle potevano parlare della Prussia devota, come se Blücher fosse stato un santo o Moltke fosse stato un mistico. Il Generale Göring (8) ci insegnerà probabilmente una lezione diversa, e comprenderemo infine che nulla è più anarchico della disciplina separata dall'autorità, vale a dire dal diritto.

 

NOTE

1) Davide Rizzio era un liutista e cantante torinese andato in Scozia al seguito dell'ambasciatore dei Savoia. Non solo condivideva ideali religiosi di Maria Stuart, regina di Scozia, e ne assecondava mire di sovranità assoluta, ma era sospettato – sia pure a torto di mantenere con lei dei rapporti intimi. Pare sia stato proprio il Moray – fratellastro di Maria – a dar credito a questa voce per infiammare la gelosia dell'irascibile Enrico lord Darnley, secondo marito della Stuart. Il 9 marzo 1566 alcuni membri della congiura – cui non era estraneo il Darnley – irruppero nell'appartamento di Maria a Holyrood, uccidendole sotto gli occhi il Rizzio, che stava cenando con lei, in compagnia del medico di corte e di altri convitati. Il 9 febbraio 1567 Darnley viene ucciso e il 15 maggio dello stesso anno Maria si unisce in matrimonio con Bothwell, presunto assassino di Darnley. Fu Maria complice dell'assassinio del suo secondo marito? Molti l'hanno creduto – come F. Schiller nella tragedia Maria Stuard, – ma non vi sono prove decisive in favore di questa tesi, anzi sono più convincenti gli argomenti in favore dell'innocenza dell'infelice regina di Scozia, fatta poi decapitare dalla sua "cugina" Elisabetta.

2) Come è noto, Voltaire si chiamava François-Marie Arouet le jeune (1694-1778). Voltaire è il nome anagrammatico preso dallo scrittore nel 1718.

3) Proprio ateo Voltaire non lo fu. Nel suo taccuino si legge: «Ho sempre pensato che gli atei siano dei pessimi ragionatori.» Del resto, in punto di morte chiese i sacramenti, che gli vennero negati, perché la sua ritrattazione era stata giudicata insufficiente.

4) Il fascismo. Chesterton scriveva que-sto articolo nel 1936.

5) È la Germania di Hitler.

6) John Wesley (1703-1791), teologo e pastore protestante inglese, fondatore della setta dei Metodisti.

7) È nota l'infatuazione dello scozzese Thomas Carlyle (1795-1881) per la Germania. Mentre frequentava l'università di Edimburgo gli capitò tra le mani il libro di Madame de Staël Della Germania: decise allora di studiare la lingua tedesca per leggere i filosofi e i poeti tedeschi nel testo originale. Nella filosofia idealista tedesca trovò quello che a lui parve l'equilibrio interiore e il cardine su cui avvitare le sue convinzioni e speranze. Da allora e per vari anni, i poeti e i pensatori tedeschi rappresentarono per lui la sola fonte di ispirazione; egli si sentì araldo del germanesimo, messaggero di una nuova filosofia. Tradusse in inglese le principali opere di Goethe, scrisse la Life of Schiller, curò la compilazione di un'antologia di autori tedeschi, affrontò una storia della letteratura tedesca che lasciò peraltro incompiuta, scrisse La storia di Federico Il re di Prussia che ebbe anche in Germania un enorme successo.

8) Tre generali tedeschi: Gebhardt Leberceht von Blücher (1742-1819), che, col Wellington, vinse Napoleone a Wa-terloo; Helmuth von Moltke (1800-1891), il vincitore degli austriaci (1866) e dei francesi (1870-71); Hermann Göring (1893-1946), organizzatore e capo dell'aviazione militare tedesca sotto Hitler.




Disponibile in volumetto a € 1,00




Enciclopedia cattolica