La gamba di Miguel
Juan
di
Enrico Salomi
La prova provata che
Dio esiste.
Un miracolo che solo
Lui puo` compiere.
Grazie
all’intercessione di Maria.
Una rigorosissima
indagine di Vittorio Messori.
Quanta fatica per dimostrare che
Dio esiste. Quanti ragionamenti, quante contese, quanti dibattiti sulle prove
che un Essere onnipotente, creatore e ordinatore dell’universo esiste e ci
governa tutti.
Certo, in filosofia le prove che
Dio esiste ci sono, eccome. E il Papa, nella Fides et ratio, ribadisce con
fermezza che la ragione dell’uomo può giungere alla certezza che Dio c’e.
Ma le contestazioni restano, non
tutti concordano, molti dubitano e il pensiero debole (nulla di sicuro possiamo
dire su Dio) trova ancora molti seguaci. Tuttavia, se si viene a sapere di un
fatto certo e documentato, incontestabile e inoppugnabile, come quello che ha
narrato Vittorio Messori nella sua ultima fatica (”Il miracolo”, ed. Rizzoli),
beh! non e più possibile negare Dio; o meglio, per farlo la ragione deve essere
messa a riposo e in campo devono scendere pregiudizio, ignoranza, malafede.
Raccontato sinteticamente – il
lettore è invitato a leggere lo studio di Messori – quanto è accaduto ha dello
stupefacente.
Nel 1617, a Calanda,
nell’Aragona spagnola, nasce un certo Miguel ]uan Pellicer, figlio di contadini
e contadino lui stesso, analfabeta, dotato di una fede solida ed essenziale,
devoto alla Vergine del Pilar di Saragozza.
Lasciata la famiglia per non
pesare sul magro bilancio dei genitori, verso la fine di luglio del 1637, mentre
lavora tra i campi, un carro di frumento gli transita su una gamba, proprio
sotto il ginocchio, procurandogli la frattura della tibia nella parte centrale.
Tra dolori inenarrabili, vuole
andare a Saragozza per mettersi sotto la protezione della Vergine del Pilar.
Cinquanta giorni di viaggio e trecento chilometri sotto la canicola estiva,
raccattando passaggi qua e là. Quando arriva in città, praticamente moribondo,
si trascina sui gomiti fin nel santuario e qui si affida alla Vergine: ”pensaci
Tu perchè sto per morire”.
Con sega e scalpello – gli
strumenti del tempo – gli viene amputata la gamba, unica soluzione per salvargli
la vita. Passa un anno prima di uscire dall’ospedale con una gamba di legno, due
stampelle e una specie di patentino che gli dava la possibilità i3i esercitare
la ”professione” deI mendicante.
Tutti i giorni, per due anni e
mezzo, davanti alla porta del santuario del Pilar, 1’intera Saragozza gli passa
accanto, lo vede, si commuove, qualcuno lo aiuta; alla sera, quando il santuario
chiude, Miguel Juan si cosparge il moncone della gamba con un po’ di olio
consumato dalle lampade del santuario, nonostante che i medici, da cui è
visitato periodicamente, lo ammoniscano inutilmente.
Quando lo riconoscono alcuni
compaesani che sono n Saragozza per un pellegrinaggio, non potendo più tenere
nascosta la sua situazione, Miguel Juan decide di tornare dai genitori a
Calanda, circa 100 chilometri a sud di Saragozza. E qui, altro non puo` fare che
riprendere a mendicare.
Il momento fatidico giunge alla
sera del 29 marzo del 1640. E` giovedì. Siamo tra le dieci e le undici di sera.
Miguel Juan cena con i genitori, due vicini di casa e un soldato di cavalleria
dell’Esercito Reale, che è di passaggio e a cui era stata data ospitalità.
Miguel Juan, dopo la povera
cena, si congeda dalla compagnia e decide di andare a coricarsi. Ripone la
protesi di legno e le stampelle, va a dormire nella camera da letto di mamma e
papà, perchè aveva lasciato il suo giaciglio abituale al soldato.
Qualche tempo dopo, la madre
entra nella camera e, sentendo un profumo intenso ”come di Paradiso”, si accorge
che da quel mantello troppo corto che ricopre il figlio addormentato spuntano
due piedi. Giunge il padre, richiamato dalla donna. In principio pensano che si
tratti del soldato che ha sbagliato stanza, ma, sollevando la coperta e
guardando meglio, scoprono che quella persona è proprio il loro figlio.
Miguel Juan, il mutilato, dorme
profondamente, ma ha riattaccata quella gamba che, due anni e cinque mesi prima,
gli era stata amputata. E non si tratta di una gamba qualsiasi, ma proprio della
sua, con tutte le caratteristiche e le cicatrici del suo arto e con un circolino
rosso nel punto in cui era avvenuta 1’amputazione. Svegliano il figlio. Stava
sognando – dirà Miguel Juan – di essere a Saragozza nella cappello della Vergine
del Pilar e che si ungeva la gamba segata con 1’olio di una lampada, come era
uso fare quando era in quel santuario.
Un miracolo straordinario,
quello di un arto amputato improvvisamente riattaccato, che solo Dio, l’autore e
il padrone delle leggi della natura può compiere. Se il fatto e vera, allora la
conclusione si impone: Dio esiste. Ma ci vogliono le prove.
Le prove ci sono, eccome. E sono
tante, tutte concordi, ben fondate, ottimamente documentate, al punto che
Messori si spinge a dire: ”dovrebbe dubitare di tutta quanta la storia umana,
compresi i fatti più certi perchè più attestati, chi rifiutasse la verità di
quanta successo a Calanda quella sera di marzo della settimana di Passione del
1640”.
Vediamole in sintesi.
II miracolo viene attestato solo
sessanta ore dopo da tutte le autorità locali: il vicario parrocchiale don
]usepe Herrero, il justicia (il giudice e insieme il responsabile dell’ordine
pubblico) Martin Corellano, il sindaco Miguel Escobedo, il suo vice Martin
Galindo e, soprattutto, il notaio reale Lazaro Macario Gomez.
In pochissimi giorni viene
istituito un processa pubblico in cui sfilano decine e decine di testimoni
oculari, nel frattempo, viene visitato il luogo dove era stata sepolta dai
medici la gamba amputata, ma viene trovato vuoto (come riportato da un Aviso
Historico, un giornale del tempo).
Dopo quasi undici mesi di lavoro
e con quattordici sedute pubbliche e plenarie, si pronuncia la sentenza del
processo di Saragozza in data 27 aprile 1641: ”Perciò affermiamo e dichiariamo
che a Miguel Juan Pellicer, contadino di Calanda, fu restituita la gamba che gli
era stata amputata due anni e cinque mesi prima; e che non fu un fatto di
natura, ma opera mirabile e miracolosa, ottenuta per intercessione della Vergine
del Pilar”.
I ventiquattro.testimoni
oculari, scelti dal tribunale di Saragozza tra innumerevoli possibili, possono
essere suddivisi m cinque gruppi.
Cinque sono medici ed
infermieri, e tra loro il chirurgo che amputo la gamba e i due sanitari di
Calanda che procedettero alla visita immediatamente dopo l’evento. Cinque tra
familiari e i vicini di casa. Quattro sono autorità locali di Calanda, sopra
ricordate. Quattro sono ecclesiastici, sia di Saragozza che di Calanda. Sei
”vari”, tra cui 1’uste, nella cui bettola vicino al Pilar Miguel Juan, storpio,
passava la notte quando rimediava quattro soldi di elemosina e un altro oste, di
Samper, dal quale aveva alloggiato sulla strada del ritorno a casa. I testimoni
sono scelti per dar conto, sotto giuramento, delle differenti tappe della storia
di Miguel Juan Pellicer: la frattura, 1’amputazione, la mendicità al Pilar, il
ritorno al paese natale, 1’evento miracoloso del 29 marzo e i fatti dei giorni
successivi.
E` così straordinario quanto è
accaduto a Calanda, che il giovane contadino Miguel Juan venne ricevuto
addirittura dal re Filippo IV, il più orgoglioso sovrano del mondo, il monarca
dell’impero dove ”non tramontava mai il sole”. Il sovrano, dopo aver sentito la
sua testimonianza e 1’inequivocabile sequenza di eventi da parte delle più
importanti autorità spagnole, si inginocchia davanti al contadino, gli bacia con
devozione la cicatrice, rimasta là dove 1’arto era stato amputato e poi
riattaccato.
DIO ESISTE
Che cosa dire di questa storia,
così minuziosamente investigata da Vittorio Messori? Forse le parole migliori
sono quelle che 1’autore adopera, da storico e da giornalista, per concludere la
sua opera indagatrice.
”In quelle ”notti oscure” di cui
parlano proprio i mistici spagnoli, in quei momenti (inevitabili, fisiologici
nella strutture della fede) in cui il dubbio sembra rodere, malgrado ogni
accumulo di ”ragioni per credere”; ebbene proprio allora soccorre il ricordo di
un campanile che si leva, vigoroso, sul Desierto de Calanda, nella Bassa
Aragona. Una torre che ha 1’aspetto di un punto esclamativo: segnala, infatti,
almeno un luogo nel mondo dove ”la scommessa sul Vangelo” si scioglie in quella
certezza che solo un fatto oggettivo, constatabile, sicuro può garantire. Lì la
cronaca, la storia, sembrano davvero spalancare, all’improvviso, una finestra
verso 1’Eterno.”
Sì, Dio esiste e a Calanda ha
dimostrato che nulla Gli è impossibile. Lì ha deciso intervenire nella
”carnalità” dell’esistenza del giovane contadino Miguel Juan Pellicer, di
annullare ciò che era avvenuto per mezzo dell’uomo, di sospendere tutte 1e leggi
della natura, di riparare ciò che era irreparabile.
A Calanda., Dio, attraverso
l’intercessione di Maria Vergine, ha voluto lasciare un segno concreto,
tangibile, indubitabile. Per usare le parole dell’arcivescovo di Saragozza
”com’e stato dimostrato con certezza nel processo, il detto Miguel Juan fu visto
prima senza una gamba e poi con questa. Quindi non si vede come si possa
dubitare di ciò”.
Nessun dubbio, dunque: questa
gamba riattaccata può essere un grimaldello per fare breccia nello scetticismo
dell’uomo postmoderno.
Ma Calanda dice molto anche a
certi cattolici, soprattutto a quella intellighenzia la cui fede si vuole adulta
e che bolla i miracoli e altre forme di religiosità popolare come favolette
superstiziose, adatte per vecchiette e per bigotti.
No, il miracolo di Calanda e la
prova provata di un intervento del Dio cattolico nella storia dell’uomo, di un
intervento divino propiziato da quella Vergine che il popolo semplice venera e
prega, di una presenza che, passando lungo i secoli e sopravvivendo alle
ideologie, è tuttora viva e operante tra di noi.
Resta una domanda, che apre una
riflessione: alla luce di ciò che indiscutibilmente è accaduto a Calanda, si
hanno più ragioni di credere o di
dubitare?