Giovannino Guareschi

Giovannino Guareschi

LA MESSA CLANDESTINA

     «Questo non significa niente d’anormale,» affermò il signor Bianchi. «Anzi è la riprova di un dato di fatto universalmente risaputo: il popolo emiliano e romagnolo è generoso, passionale e di sanissimi principi morali.»
     Gypo, come al solito, sghignazzò.
     Il tema della discussione era stato fornito, quella settimana, dalla conclusione del famoso processo di Bologna, che la signora Bianchi aveva trovato insoddisfacente sia perché era rimasto semplicemente indiziario, sia per la feroce e furibonda ostilità dimostrata dai bolognesi nei riguardi dell’imputato.
     «Mi meraviglio, Maria,» aveva osservato il signor Bianchi. «Tu, moglie e madre, parteggi per un uomo che ha assassinato la madre dei suoi figli.»
     «Io parteggio per la verità,» aveva replicato la signora Bianchi. «Se io fossi stata nella giuria popolare, avrei votato senza esitare per la non colpevolezza. E non mi sarei certo impaurita come è successo a quella donna-giurato che, all’udienza finale, è stata sostituita.»
     «Nigrisoli è un tipo tremendamente antipatico!» affermò la Giusy.
     «Sì,» ammise la signora Bianchi. «Questa era una delle sue più gravi colpe. L’altra, gravissima, era quella d’aver scelto come difensore un avvocato come Delitala che viene chiamato il ‘‘professore’’ proprio perché è in grado di impartire lezioni di Diritto a tutti. E non perde occasione per farlo, approfittando della sua grande cultura specifica e della sua eccezionale abilità dialettica. Ci sono dei processi nei quali il principale obiettivo è quello di battere l’avvocato difensore. E chi ci rimette è l’imputato. In quanto alla generosità del nobile popolo bolognese, basta l’episodio finale del bravo dozziano che, alle 22,15, appena conosciuta la sentenza, telefona alla madre del Nigrisoli: ‘‘Ho il piacere di annunciarle che suo figlio è stato condannato all’ergastolo’’. Non parliamo poi della generosa dozziana che ha dato una pedata in uno stinco a quella Azzali.»
     «Maria, spero che non ti metterai dalla parte d’una ragazza che pratica un uomo sposato!» urlò il signor Bianchi. «Questa è immoralità.»
     «Non si tratta né d’immoralità né di moralità, ma di semplice moralismo,» precisò la signora Bianchi. «Se tutte le bolognesi che hanno praticato o praticano un uomo sposato dovessero ricevere una pedata in uno stinco, Bologna non si chiamerebbe più ‘‘la Dotta’’, ma ‘‘la Zoppa’’.»
     «E poi,» aggiunse la Giusy, «una ragazza che pratica un uomo sposato dimostra saggezza e prudenza perché non corre il rischio di rimanere sposata.»
     «Giusy,» approvò sospirando la signora Bianchi, «nella tua ingenua, candida stupidità, hai sfiorato una verità profonda. Comunque io dico che il processo avrebbe avuto un finale adeguato all’atmosfera in cui s’è svolto solo se, dopo la sentenza, il Nigrisoli fosse stato buttato su una carretta, quindi trasportato nella piazza principale di Bologna, illuminata da torce a vento. Qui, confortato dal Cardinale Lercaro in persona coadiuvato da un funzionario della federazione comunista, il Nigrisoli doveva essere ghigliottinato con presentazione della testa recisa al popolo festante.»
     Gypo sghignazzò divertito: «Più bello ancora se, invece di Lercaro, avesse accompagnato il condannato al patibolo l’onorevole Nenni vestito da Cardinale. Nenni è meno marxista del cardinale Lercaro, però è più popolare perché è romagnolo ed è stato fra i fondatori del Fascio di Bologna. Inoltre, dopo essere stato inviato a New York a commentare l’Enciclica Pacem in terris, Nenni è oggi una colonna della Chiesa cattolico-marxista costruita sulla pietra del nuovo Pietro, adesso che l’altro Pietro è andato in soffitta assieme al Tu es Petrus e alle altre anticaglie latine.»
     Il signor Bianchi insorse: «Non permetterò che si trattino con sì deplorevole leggerezza argomenti gravi come questo! Ricordati che Nenni è vicepresidente del Consiglio e che ora, assieme a U Thant, sta risolvendo importantissimi problemi mondiali.»
     «U Thant,» ridacchiò Gypo. «Quello che ha normalizzato la situazione del Congo. Adesso, se ci si mette assieme a Nenni, sistema anche il Vietnam. Comunque, a me l’idea di Nenni che va in America a illustrare un’Enciclica, con tanto di benedizione papale, non mi va giù. E tanto perché tu lo sappia, papà, domenica io non ci vengo alla Mandata.»
     «Quale Mandata?»
     «La Messa in italiano.»
     «Fino a quando sarò il capo di questa fino ad oggi rispettabile e onorata famiglia, cose del genere non accadranno mai. Tu domenica verrai a Messa con noi!»
     «No, pater! Non voglio correre il pericolo di trovare sul pulpito un funzionario della Federazione Socialista. Io andrò a Messa sì, ma dove mi pare e piace. Io sono uno dei fondatori dell’ACP.»
     «ACP?, che significa?»
     «Associazione Cattolici Pacelliani. Ci siamo riuniti in trentatrè ragazzi, abbiamo diviso la zona attorno a Milano in settori e ognuno ha compiuto le sue ricerche. Così abbiamo trovato, in un paesino, un vecchio prete di quelli non riformati, che celebra la Messa in Latino, insegna che tutti gli uomini sono uguali davanti a Dio e, quindi, ci sono dei buoni non solo nel proletariato, ma anche fra i borghesi. E spiega che non basta essere brutti, stupidi e poveri per aver diritto al Regno dei Cieli, ma occorre anche essere buoni e onesti. E' un vecchio parroco che crede ancora in Dio, nei Santi, nel Paradiso e nell’Inferno e, quando confessa le ragazze, non fa loro delle disquisizioni sessuali e, quando confessa noi ragazzi, non ci nega l’assoluzione se gli diciamo che siamo liberali, monarchici o missini. E' un vecchio parroco che ritiene ancora valida la Scomunica del comunismo. E poi ha una chiesetta di quelle all’antica, con tanti fiori, tanti ceri accesi e, durante la Messa, c’è il coro che esegue gli antichi canti tradizionali. Uno può accendere un cero alla Madonna o a qualche Santo: lui non dice, come quel famoso parroco sociale che hanno fatto cardinale adesso, che i vassoi coi lumini accesi sono uno spettacolo da rosticceria. E come invece fa sempre quel parroco-cardinale, non fa quaranta milioni di debito per sistemare la parrocchia, dicendo poi ai creditori di farsi pagare dalla Divina Provvidenza. E non userebbe mai i quattrini dei parrocchiani per pagare la rata del motorino al povero compagno in modo che possa continuare a distribuire gli opuscoli di propaganda comunista. Quel povero vecchio parroco non lo faranno mai Cardinale, o Vescovo e nemmeno Monsignore. Sarà fortunato se non lo sospenderanno a divinis per filocattolicesimo antisociale. Abbiamo organizzato ogni cosa: quasi tutti hanno la macchina, si parte la mattina presto, prendendo strade diverse. Bisogna evitare di dare nell’occhio per non metter nei guai quel povero parroco. I montiniani hanno mezzi e, attraverso i preti-operai, sono collegati con le cellule comuniste che controllano tutto e tutti. Siamo già oltre settanta fra ragazzi, ragazze, padri e madri.»
     «Ma,» si preoccupò la signora Bianchi, «vedendo tanti forestieri alla Messa, quelli del paese entreranno in allarme e faranno la spia.»
     «No, mamma,» rispose Gypo; «sono tutti pacelliani e anticomunisti.»
     Il signor Bianchi balzò in piedi: «Qui siamo in piena Vandea!» urlò inorridito.
     «Gypo, fammi tenere il posto, vengo anch’io,» disse tranquillamente la signora Bianchi che, in fondo, aveva sempre fatto il tifo per la Vandea.
     «Règolati come credi,» le disse asciutto il signor Bianchi. «Io continuerò ad andare alla solita chiesa.»
     «Anch’io,» aggiunse la Giusy. «Mi eccitano un pozzo quei pretini giovani che ci fanno la predica e si scagliano contro gli industriali, i capitalisti, i liberali eccetera. Fanno venire in mente la rivoluzione francese, la presa della Bastiglia e via discorrendo. E poi, adesso, hanno incominciato a demistificare la chiesa. Era ora di finirla coi lumini puzzolenti, coi santi di gesso e con le Madonnine caramellate. Dovrà rimanere soltanto la Croce, nuda e cruda. Il simbolo, cioè, del Proletariato sfruttato e torturato dai ricchi.»
     «E Cristo,» domandò la signora Bianchi, «l’hanno sfrattato anche lui?»
     «Cristo rimane sempre, non di legno o di bronzo, ma vivo e operante nei Vangeli, specialmente in quello di Pasolini che è il più in gamba di tutti i Vangeli. Bisogna demistificare, capisci?»
     «Certo che capisco,» rispose Gypo. «Occorre un lavoro di rigida revisione. Per esempio; adesso che s’è scoperto che gli ebrei non hanno nessuna responsabilità nel supplizio di Cristo, bisognerà sdrammatizzare anche l’episodio della Crocifissione. In fondo, si tratta di un normale caso di morte apparente. La Resurrezione...»
     «Non bestemmiare!» urlò il signor Bianchi.
     «Non bestemmio, papà: ragiono secondo la mentalità dei preti nuovi. Vedrai: quelli, durante la Messa faranno cantare Gaber, Maria Monti, la Ornella Vanoni e gli altri cantanti sociali. In fondo, adesso che ha ispirato le sublimi canzonette di Gino Paoli, il canto Gregoriano non ha più ragione di esistere.»
     «Fate vobis,» disse con sarcasmo il signor Bianchi. «Io e la Giusy rimaniamo sulla strada giusta che è quella legale e porta alla Chiesa dell’avvenire.»
     «Fate bene,» ridacchiò Gypo. «Oltre al resto, voi montiniani avete il vantaggio che, quando il confessore vi assegna una penitenza troppo pesante, potete sempre ricorrere alla CGIL. Giusy, se domenica alla Messa vi distribuiscono i santini benedetti con l’immagine di Nenni, portamene uno.»




Narrativa