Perché questo libro porti il titolo di Encicliche proibite apparirà evidente al lettore cattolico che in questi ultimi anni non sia rimasto volontariamente assente – se non costituzionalmente indifferente – al dramma senza precedenti del quale è protagonista la Chiesa. Simili cattolici non sono molti, purtroppo. Se lo fossero, il dramma non sarebbe, probabilmente, mai esploso. A loro sono dedicati questi documenti del Magistero dei Romani Pontefici: monumenti formidabili di una coerenza senza fessure durata venti secoli. Da circa dieci anni mani abili quanto potenti hanno praticamente sottratto alla pubblica consultazione molti di questi documenti, sia rendendone difficile l’acquisto, sia ignorandone o minimizzandone l’esistenza in tutta la moderna letteratura teologica e specialmente ecclesiologica. Non ci si accusi di esagerazione. Si provi a cercare, in una libreria cattolica, tra le citazioni di una rivista religiosa contemporanea testi come la "Quanta cura" di Pio IX, la "Mortalium animos" di Pio XI, la "Veterum sapientia" di Giovanni XXIII e soprattutto la "Pascendi dominici gregis" di San Pio X.
Questo Santo Pontefice definì il modernismo, da lui condannato solennemente in quell’enciclica Pascendi Dominici gregis, "la sintesi di tutte le eresie" (omnium haereseon conlectum). Il progressismo attuale non è se non quello stesso modernismo, che ha covato per cinquant’anni le sue uova nella sabbia facendone esplodere al momento opportuno gl’immaginabili draghi. Esso non si limita, come accadeva anticamente, a propugnare l’una o l’altra eresia, ma tutte le abbraccia in fascio, con metodo e perfidia pari alla pervicacia (sostenuto fuori della Chiesa da tutti i suoi nemici, vale a dire dall’intero mondo laico dei mezzi di informazione e comunicazione). Per sussistere, esso deve dunque cercar di sopprimere a poco a poco l’insegnamento del Magistero sui più diversi argomenti. Perché questi argomenti non possono essere diversi se non apparentemente. Abbracciando con un solo sguardo l’intero sistema modernista, si vedeva, secondo le parole di San Pio X, come un errore si reggesse sull’altro, cosicché "non vi è parte della verità cattolica che essi non manomettano". Allo stesso modo nel sistema della fede una verità si regge sull’altra con la meravigliosa solidità della logica soprannaturale. Si tocchi anche soltanto il culto delle immagini, come nell’VIII secolo fecero gli iconoclasti; con esso se ne andrà subito, come se ne andò allora, quello dei Santi, la fede nella verginità perpetua di Maria, la tradizione monastica e celibataria. E, negato il miracolo fisico dell’Incarnazione, non si sa a che titolo debba sussistere la fede nell’unione ipostatica delle due nature di Cristo, né come, semplice uomo, lo si possa credere sostanzialmente presente nella Eucarestia. Il mistero della Trinità è già negato, insieme con quelli della Incarnazione e della Presenza Reale. Più oltre non si può andare. La distruzione della liturgia si accompagna in tutti i tempi a questo processo, anzi quasi costantemente lo precede, come veicolo ideale del dubbio nella mente del popolo. Lex orandi, lex credendi: è attraverso la mutazione delle forme del culto che si modifica insensibilmente nell’animo del fedele la sostanza della dottrina. Non occorre risalire a Lutero, a Calvino, a Cranmer per constatarlo; basta ciò che da sette anni abbiamo sotto gli occhi.
In questo lento suicidio della fede (perché la Verità non muta e non muterebbe se anche non vi fosse nessuno a confessarla), che cosa può rimanere dell’autorità della Chiesa, dell’infallibilità pontificia, delle leggi morali e sociali che nella Rivelazione e nella Tradizione avevano il loro fondamento? E infine, un magistero che nulla più condanni (quindi nulla più affermi) come dovrebbe rivendicare per sé stesso l’unicità del sacrosanto deposito? Ed eccoci all’ecumenismo moderno, con il suo fondamentale indifferentismo, il suo pluralismo laicista, l’inevitabile eliminazione del sacro. Il Concilio Mondiale delle Chiese si va infatti trasformando sempre più in una cooperativa umanitaria con preciso, e unilaterale, orientamento politico. L’ecumenismo moderno, dicevamo: che è, o per lo meno vorrebbe essere, il coronamento di tutte le altre immani demolizioni: la proclamazione, sia pure soltanto ufficiosa, che la Chiesa è soltanto una delle Chiese, non più l’una, santa, cattolica, apostolica, fondata sulla Pietra angolare, custode e garante della Rivelazione e della Tradizione. Che cosa può sopravvivere in tutto ciò del puro e sincero sentimento di coloro che intendevano giustamente l’ecumenismo come un nobile protendersi verso i fratelli separati, per attirarli amorosamente all’unico ovile?
Essi potranno leggere, scritta con quarant’anni di anticipo, la storia di questo grande equivoco nella stupenda enciclica "Mortalium animos" di Pio XI. Potranno ritrovare le radici di tutte le aberrazioni liturgiche contemporanee, condannate oltre vent’anni fa da Pio XII nelle "Mediator Dei". E così tutti gli errori teologici, ecclesiologici, morali, sociali, politici che oggi stringono e invadono da ogni parte la Chiesa. Ognuno di quei problemi ha già la sua risposta definitiva, la sua sentenza senza appello nelle "encicliche proibite" di Pio IX, Pio X, Pio XI, Pio XII. I quali non fanno che raccogliere e confermare le parole dei loro predecessori, fino agli Apostoli e al Fondatore.
Offriamo dunque ai lettori di questo libro, che vorranno difendere sinceramente la loro fede e ricordare con San Leone Magno "quale nome portano, in quale esercito militano", non un’arma soltanto ma un’intera armatura. In questi documenti è sempre un'unica voce che parla, immutata nei secoli: la voce di quella vera Chiesa che mai si contraddisse e alla quale proprio per questo è dovuto "l’ossequio della mente, della volontà e del cuore" (San Pio X). Anche e più che mai in questi anni, ne quali niente altro può assicurare la certezza.