Discorso di affidamento alla diocesi di monsignor Alois Kothgasser, Vescovo di Innsbruck
Nel 1993, mons. Reinhold Stecher aveva convocato un 'forum' diocesano con lo scopo di oltrepassare
la cerchia delle persone direttamente coinvolte e tener conto anche delle
più recenti acquisizioni della ricerca nel campo delle scienze umane
e delle discussioni in atto in sede di teologia morale. Si chiedeva l'elaborazione
di nuove forme pastorali, che prendessero sul serio le persone omosessuali
e accogliessero con rispetto e tolleranza il loro stile di vita. Così
è sorto, fra l'altro, un gruppo di genitori di figli e figlie omosessuali.
Un impegno leale e sincero
Ora, con l'affidamento di
un incarico ufficiale a un gruppo di agenti pastorali, uomini e donne,
intendo dare un ulteriore segnale. Questo gruppo di otto persone, uomini
e donne, deve dimostrare che la diocesi di Innsbruck si occupa sinceramente
delle persone che vivono e amano in modo omosessuale. Auspico che questo
dialogo sia anche un segno di speranza per la chiesa. La speranza che impariamo
a vivere in modo più soddisfacente con coloro che vivono, sentono
e pensano diversamente da noi. Le persone omosessuali possono aiutarci
in questo. Infatti, esse sono state sempre duramente perseguitate a causa
della loro forma di vita, nel nostro paese non da ultimo durante il periodo
nazista, e sperimentano ancor oggi incomprensione ed emarginazione. Sono
lieto che il gruppo comprenda anche una animatrice evangelica. Questo ci
permette di portare avanti il nostro impegno di un autentico dialogo insieme
con la chiesa evangelica e quindi con una sensibilità e responsabilità
ecumenica.
Eliminazione dei pregiudizi e della discriminazione
Gli agenti pastorali si
considerano anzitutto e soprattutto interlocutori delle persone omosessuali
e dei loro genitori e parenti. Insieme a loro il gruppo diocesano di lavoro
sulla pastorale delle persone omosessuali si sforzerà di approfondire
ulteriormente il dialogo. Insieme agli agenti pastorali, collaborano a
questo gruppo anche una psicoterapeuta e rappresentanti della pastorale
delle donne e degli uomini. Del gruppo di lavoro fanno ovviamente parte
anche donne e uomini omosessuali. Infatti, qui non si tratta di parlare
'delle persone', ma di parlare 'con le persone'. Uno dei compiti del gruppo
di lavoro è l'organizzazione di iniziative formative e possibilità
di incontro per favorire l'eliminazione dei pregiudizi e della discriminazione.
Una preghiera ai fedeli
Chiedo ai fedeli della diocesi
di accettare con decisione e immedesimazione il dialogo con le persone
omosessuali. Tutti coloro che hanno domande o incontrano difficoltà
possono rivolgersi al gruppo di lavoro, diretto dal padre Josef Steinmetz,
svd, Anichstr. 19, 6020 Innsbruck. tel. 0512-586738.
3 Maggio 1998
+ Alois Kothgasser, Vescovo di Innsbruck
Presentazione del documento
In occasione del 'forum diocesano' della diocesi di Innsbruck (1993-1995) sono state avanzate alcune proposte anche sul tema "Persone omosessuali e fede":
Le proposte sono state accolte, confermate e sancite dal forum diocesano, dal vescovo e dagli uffici diocesani. Da allora si sta lavorando all'attuazione di quelle decisioni. Così si è costituito un gruppo ecumenico di agenti pastorali, uomini e donne, come interlocutori delle persone omosessuali e dei loro genitori e parenti. Questo gruppo è stato ampliato ed è diventato un gruppo di lavoro sulla pastorale delle persone omosessuali. Al gruppo appartengono, oltre agli agenti pastorali, anche persone omosessuali, teologi e teologhe interessati al problema, nonché i rappresentanti dei movimenti cattolici femminili e maschili. I contatti a livello diocesano sono tenuti dal dott. Florian Huber, direttore dell'Ufficio della pastorale. Da due anni è in corso un intenso lavoro di discussione e confronto. Le molte conversazioni con persone omosessuali e l'approfondita analisi della letteratura specifica sono state affiancate dall'intervento di diversi esperti nel campo delle scienze umane e della teologia (J. Kinzl, K. Loewit, G. Looser, U. Rauchfleisch, H. Rotter, M. Stowasser). Parallelamente, nel quadro delle istituzioni formative cattoliche ed evangeliche, sono state organizzate conferenze che hanno registrato una partecipazione superiore alla media e sono state accolte molto favorevolmente. Questo lavoro di formazione e sensibilizzazione va proseguito. La pastorale comporta anche la consulenza e l'accompagnamento dei genitori delle persone omosessuali. A tale scopo si tengono mensilmente due incontri serali per i genitori di figlie e figli omosessuali. Essi hanno così la possibilità di parlare delle loro esperienze, di esporre le difficoltà che incontrano e di ottenere un aiuto concreto. Il 5 aprile 1997 si è tenuta una giornata di studio sul tema: "Persone omosessuali: senza diritto di cittadinanza nella Chiesa?". Oltre ad offrire un'occasione di incontro, informazione e dialogo, la giornata ha permesso anche di riflettere insieme sul modo di eliminare i pregiudizi e la discriminazione e sui passi da fare per permettere alle persone omosessuali di sentire la chiesa come la loro patria. Oltre alla discussione, sempre vivace e impegnata, ci ha confortato anche la partecipazione di responsabili della pastorale diocesana e di insegnanti di religione. Un frutto del gruppo di lavoro sulla pastorale delle persone omosessuali è un documento base, che cerca di compendiare la discussione in atto a livello delle scienze umane e della teologia.
Introduzione
L'omosessualità è
senza dubbio una delle tematiche più tabuizzate e conflittuali che
esistano nella società e nella chiesa. Chiunque si esprima al riguardo
solleva un argomento tabù e provoca in molte persone delle resistenze,
se non addirittura uno stato di ansia e paura. Così si dimentica
facilmente che dietro la "problematica degli omosessuali" vi sono persone
concrete, vive, donne e uomini con nomi e cognomi e con volti ed esperienze
inconfondibili. Se è vero che "l'uomo è la prima e fondamentale
via della chiesa" (Giovanni Paolo II), ciò vale anche per la pastorale.
E quanto più le persone umane sono trattate come "casi" e vengono
emarginate come minoranze tanto più impellente diventa la necessità
di ricondurle dai margini al centro: "Mettiti nel mezzo!" (Mc 3,3). Le
riflessioni che seguono vorrebbero rispondere a quest'esigenza. L'esegesi
teologica, la valutazione etica e le conseguenze pastorali che ne derivano
esigono anzitutto, oltre alla discussione dei fondamenti biblici, della
posizione della tradizione e del magistero della chiesa, una presa di coscienza,
priva di pregiudizi e paure, delle acquisizioni delle scienze umane.
1. Le acquisizioni delle scienze umane
In senso stretto, con il
termine omosessualità (gr. homos = stesso, lat. sexus = sesso) si
intende l'orientamento erotico e sessuale prevalente o esclusivo verso
il proprio sesso. Quest'inclinazione immodificabile verso un partner dello
stesso sesso, inserita nella costituzione generale della persona, viene
detta anche "omosessualità di inclinazione" (W. Bräutigam)
o "omotropia" (H. van de Spijker). Essa va distinta dal comportamento omosessuale
legato allo sviluppo e alle situazioni. Nel frattempo, i termini "invertito"
e "lesbica", utilizzati spesso in senso spregiativo e come insulto, sono
stati assunti e vengono usati dalle stesse persone omosessuali per definire
se stesse e smussare così, con profonda autocoscienza e "caparbio
orgoglio", ogni forma di discriminazione. Si stima che le persone orientate
in modo esclusivo verso lo stesso sesso siano il 5% della popolazione.
Un gruppo più consistente possiede un orientamento bisessuale, con
diverse accentuazioni delle componenti omosessuali.
L'omosessualità non
è un fenomeno specifico degli esseri umani; anche diverse specie
animali mostrano evidenti comportamenti omosessuali.
Struttura personale irreversibile
Finora non sono stati pienamente
chiariti i fattori che producono l'omosessualità e anche l'eterosessualità.
Si possono fare comunque le seguenti constatazioni. L'orientamento omosessuale
non viene scelto liberamente. Le persone omosessuali scoprono di essere
tali, non scelgono il loro orientamento sessuale. Al pari di quello eterosessuale,
l'orientamento sessuale è un orientamento profondamente radicato
nella personalità, che riguarda sia l'immagine che la persona ha
di sè stessa, sia le sue relazioni interpersonali. Esso costituisce
un aspetto essenziale dell'essere persona ed è, in linea di principio,
stabile e immodificabile. Le scienze umane concordano ampiamente sul fatto
che l'omosessualità di inclinazione è irreversibile e deve
essere considerata quindi un dato oggettivo.
Essendo l'orientamento omosessuale
così profondamente iscritto nella personalità, è impossibile
una 'inversione di polarità' nel senso di una modificazione terapeutica
dell'orientamento sessuale. Ogni tentativo di inversione della polarità
sarebbe del resto profondamente inumano e contrario agli stessi principi
terapeutici, poiché non accompagnerebbe la persona omosessuale alla
scoperta della sua identità, ma la obbligherebbe per così
dire a passarsi accanto e a rinnegare la sua specifica identità.
L'orientamento sessuale
si forma - se pur non è presente già a livello costituzionale,
almeno come disposizione - nei primi anni di vita e si presenta come una
struttura personale irreversibile. Questa struttura è già
formata nei primi anni dell'infanzia e conclusa (molto) prima della pubertà.
Perciò, può esservi un' "induzione" agli atti omosessuali,
ma non può assolutamente esservi un'"induzione" all'orientamento
omosessuale. Le persone adulte non possono essere indotte a fare qualcosa
che non corrisponde al loro orientamento specifico. La formazione dell'orientamento
sessuale di ogni essere umano dipende da una complessa interazione di fattori
biologici, psicologici e sociali. La persona umana è un'essere bio-psico-sociale
anche dal punto di vista del suo orientamento sessuale. Perciò vanno
rigettate come semplicistiche certe teorie psicologiche molto diffuse,
ma presentate in modo superficiale e unilaterale e del resto da tempo superate,
come, ad esempio, quelle che riconducono l'omosessualità a una forte
dipendenza dalla madre e a un padre affettivamente assente.
La costruzione dell'identità sessuale si basa su tre "materiali" strettamente correlati:
Questi "materiali" sono modellati essenzialmente dalle esperienze relazionali fatte nell'infanzia e nella giovinezza, attraversano specifiche evoluzioni e sfociano, infine, nell'orientamento omosessuale o eterosessuale. Chi li mescola e confonde immagina che gli uomini omosessuali siano "effeminati" e le donne omosessuali "mascolinizzate". In realtà, nella loro identità sessuale basilare gli uomini omosessuali presentano la stessa chiara caratterizzazione maschile degli uomini eterosessuali e le donne omosessuali la stessa chiara caratterizzazione femminile delle donne eterosessuali.
Una variante evolutiva e forma espressiva della sessualità umana
L'omosessualità non
ha nulla a che vedere con la salute o la malattia, con l'anomalia o la
perversione. Essa è una variante evolutiva e una forma espressiva
della sessualità umana. "Le attuali acquisizioni delle scienze umane
permettono di affermare senza ombra di dubbio che l'orientamento omosessuale
va considerato, accanto all'eterosessualità, una condizione basilare
della sessualità umana esistente a livello antropologico e che,
in quanto tale, essa non presenta la benché minima affinità
con gli sviluppi psicopatologici" (1). Quindi, in base all'orientamento
sessuale eterosessuale o omosessuale non si possono fare affermazioni circa
la sanità o malattia psichica. Lo dimostra chiaramente anche il
fatto che l'Organizzazione mondiale della sanità ha tolto l'omosessualità
dall'elenco delle malattie e non la recensisce più fra le disfunzioni
psichiche. Al pari delle persone eterosessuali, le persone omosessuali
sono in grado sia di amare sia di stabilire unioni. Ma il mancato riconoscimento
sociale delle unioni omosessuali e il mancato riconoscimento del loro vincolo
giuridico ostacolano la possibilità di unioni solide e durature.
L'accusa di promiscuità sessuale viene rivolta soprattutto agli
uomini omosessuali. Si attribuisce loro - come ad altre minoranze - una
pulsione sessuale molto forte, la quale, unita all'impossibilità
di legami stabili, produrrebbe un comportamento promiscuo. In linea di
principio, è difficile stabilire se le relazioni fra uomini omosessuali
presentino effettivamente una maggiore instabilità rispetto a quelle
degli eterosessuali. Nel caso in cui si potesse effettivamente dimostrare,
in determinati gruppi, un maggior tasso di instabilità, se ne dovrebbero
ricercare accuratamente le cause. Le unioni non sono riconosciute a livello
sociale e giuridico. Le persone devono spesso tenere nascosta la loro relazione,
anche ai loro stessi familiari. Essa è nota in genere solo a una
piccola cerchia di amici intimi. Abitualmente i partner non vengono considerati
e trattati come una coppia, per cui non si contribuisce dall'esterno al
consolidamento della loro relazione.
Essendo le unioni omosessuali,
al contrario della maggior parte di quelle eterosessuali, prive di figli,
è certamente più facile, in caso di conflitti, giungere alla
separazione. E' noto che spesso le coppie eterosessuali continuano a restare
insieme, nonostante la loro profonda crisi, perché sentono di avere
dei doveri nei riguardi dei figli.
A ciò si aggiunge
il fatto che le coppie omosessuali mancano in genere di modelli positivi
cui potersi ispirare nelle loro relazioni. Non da ultimo, manca alle coppie
omosessuali che intendono legarsi a vita un'interpretazione religioso-spirituale
della loro relazione, come avviene invece nel caso della coppia eterosessuale,
quando suggella la sua unione con il sacramento del matrimonio.
Stante il maggior pericolo
che corrono le coppie omosessuali è assolutamente importante creare
un clima sociale che favorisca la loro stabilità e il loro approfondimento.
Sessualità come linguaggio corporale e relazionale
Sessualità e procreazione
non vanno sic et simpliciter equiparati. La persona umana può usare
la propria sessualità come mezzo di comunicazione per tutta la vita,
mentre può servirsene come mezzo di procreazione solo per un tempo
limitato. "Negli esseri umani la funzione sociale della sessualità,
presente già nel mondo animale, diventa in modo particolare un mezzo
di comunicazione. Si potrebbe anche affermare che la funzione comunicativa
della sessualità è ciò che essa possiede di veramente
umano, per cui costituisce la vera differenza fra la sessualità
umana e quella animale" (2). Quindi, chi comprende la sessualità
in senso integrale e la intende non come pura genitalità e limitata
alla funzione riproduttiva, ma anzitutto e soprattutto a partire dal suo
significato sociale-comunicativo, riconoscerà un senso anche all'omosessualità
e la comprenderà come una forma specifica di comunicazione, come
un linguaggio corporale e relazionale.
Le persone omosessuali e
eterosessuali hanno gli stessi sentimenti, desideri e bisogni di fondo:
accoglienza e sicurezza, dedizione e unione, fiducia e affidabilità,
amicizia e amore, e hanno bisogno quindi di tutto ciò che indica
una relazione personale.
Anche se l'orientamento
omosessuale investe tutta la persona omosessuale e permea profondamente
l'intera struttura delle sue emozioni e dei suoi sentimenti, il suo essere
persona non si riduce alla sua preferenza sessuale. "Si corre il rischio
di ridurre la persona omosessuale alla sua dimensione sessuale e di vedere
in essa per così dire solo una persona che si comporta sul piano
sessuale diversamente dalla maggioranza, mettendo così fra parentesi
tutto ciò che la costituisce come persona e come essere umano: proprietà,
capacità, costituzione, desideri, speranze, bisogni e necessità"
(3). Le donne e gli uomini omosessuali sono ben più della loro omosessualità.
Non possono essere ridotti né al loro orientamento sessuale, né
al loro comportamento omosessuale-genitale.
Non esiste la omosessualità
(in realtà, si dovrebbe parlare di "omosessualità" al plurale)
e non esiste la persona omosessuale, così come non esiste la eterosessualità
o la persona tipicamente eterosessuale. Lo stesso dicasi del comportamento
omosessuale. Esso può presentare la stessa varietà di forme
che si riscontra nel comportamento delle persone eterosessuali e spaziare
da contatti passeggeri-anonimi a una riuscita integrazione nell'insieme
della persona e a unioni stabili e vincolanti.
Emarginazione e discriminazione
Nella chiesa e nella società
le persone omosessuali continuano ad essere variamente incomprese, emarginate
ed esposte a vari stereotipi e pregiudizi, Spesso sono costrette a non
farsi riconoscere come tali e a tacere o nascondere il loro orientamento
sessuale. Il fatto di dover nascondere un aspetto vitale così importante
della loro personalità è per loro un grave peso. Le donne
omosessuali sono ancor meno considerate degli uomini omosessuali. Esse
sono anche doppiamente discriminate, come lesbiche e come donne.
La generale tabuizzazione
dell'intera tematica può rendere più difficile la scoperta
dell'identità, bloccare lo sviluppo integrale della personalità
e ostacolare importanti processi di maturazione. Ciò può
portare a una separazione della sessualità dagli altri aspetti della
vita. La stigmatizzazione sociale e le limitate possibilità di vivere
una vita di coppia provocano spesso gravi conflitti psichici.
Il cosiddetto coming out
(prendere coscienza) è il processo attraverso il quale la persona
scopre, fino ad averne poi la definitiva certezza, di essere omosessuale
e non eterosessuale, trova la propria identità e il proprio stile
di vita. Questo processo è più difficile per le persone omosessuali
rispetto a quelle eterosessuali. In genere, le persone omosessuali non
trovano modelli e personaggi omosessuali positivi cui potersi ispirare,
per cui nel processo sono abbandonate in gran parte a se stesse.
In questo periodo molto
difficile, nel quale le persone giovani o adulte scoprono il loro orientamento
sessuale e imparano, dopo una lunga e spesso dolorosa lotta interiore,
ad accettarlo e forse a confidarlo anche ad altre persone, la consulenza
e l'accompagnamento da parte di persone competenti sarebbe particolarmente
importante. Infatti, per quanto riguarda il chiarimento dei loro problemi
e delle loro questioni vitali e l'incontro-scontro con le rappresentazioni
sociali della normalità sessuale e della morale della chiesa le
persone omosessuali e i loro genitori si sentono per lo più abbandonati
a se stessi.
A causa dell'isolamento
sociale, fra le persone omosessuali il tasso dei suicidi - soprattutto
nella fase della presa di coscienza - è molto elevato.
Anche nella nostra chiesa
le persone omosessuali sperimentano profonde umiliazioni, pesanti sensi
di vergogna e gravi danni nella sfera della stima personale. L'induzione
della vergogna e dei sensi di colpa provoca gravi crisi personali, influenza
la configurazione della vita e, non da ultimo, l'immagine di Dio. Dalla
chiesa le persone omosessuali si sentono spesso abbandonate, giudicate,
discriminate e sospinte ai margini. Non si sentono comprese.br>
Ritengono particolarmente
difficile da accettare la valutazione che il magistero ecclesiale fa delle
relazioni omosessuali. La sentono non come un aiuto alla configurazione
del loro stile di vita, ma come un giudizio di condanna. Deluse, molte
persone omosessuali le volgono le spalle, non si aspettano da essa più
alcun orientamento e la abbandonano.
La visione negativa dell'omosessualità
e la sua condanna morale da parte della chiesa influenzano profondamente
anche i comportamenti della società in genere e contribuiscono quindi
ad accrescere l'emarginazione e la discriminazione.
La principale causa delle
varie forme di discriminazione, siano esse aperte o striscianti, dovrebbe
essere la paura: la paura di fronte alla componente omosessuale della propria
personalità; la paura di fronte alla messa in discussione di principi
basilari della condotta (soprattutto i tradizionali ideali maschili del
perfetto controllo emotivo e delle strutture patriarcali in seno alla famiglia
tradizionale); il pregiudizio, insostenibile, ma difficile da sradicare,
secondo cui gli abusi sessuali sui bambini e sugli adolescenti sono commessi
soprattutto dalle persone omosessuali. Inoltre, le persone omosessuali
- come gli altri gruppi emarginati come "minoranze" - sono degradate al
ruolo di capri espiatori su cui sfogare l'odio e la rabbia, diventando
così spesso i bersagli preferiti dell'aggressione e della violenza.
2. Affermazioni bibliche sull'omosessualità
Da sempre in ambito cristiano
le affermazioni bibliche hanno giocato un grande ruolo circa la valutazione
dell'omosessualità, con notevoli conseguenze storiche. Che cosa
affermano effettivamente i passi biblici che vengono continuamente citati
per motivare il rifiuto di ogni forma di omosessualità? (4). Nell'Antico
Testamento non vi è alcun accenno all'omosessualità femminile;
si accenna invece all'omosessualità maschile, ma si discute sull'interpretazione
dei relativi testi. E' importante tener conto soprattutto del contesto.
In Gen 19,1-29 viene raccontata
la distruzione di Sodoma (cf. Gdc 19). In primo piano c'è l'inviolabilità
del diritto dell'ospitalità, che viene santificato, e non l'omosessualità.
La successiva tradizione dell'Antico e del Nuovo Testamento non ricorda
mai la proibizione dell'omosessualità quando accenna a Sodoma (cf.
Is 3,9; Ger 23,14; Ez 16,49s, Sir 16,8). Inoltre, lì si tratta di
violenza sessuale, ma anche della mescolanza di sfere proibite, di uomini
con angeli. Quindi è più che discutibile che in Gen 19 (e
Gdc 19) si condanni l'omosessualità. La condanna degli atti omosessuali
è espressa senza ombra di dubbio in Lv 18,22 e Lv 20,13. Essi vengono
definiti "abominio" (to'ebah) e puniti con la morte. "Non avrai con maschio
relazioni come si hanno con donna; è abominio" (Lv 18,22). "Se uno
ha rapporti con un uomo come con una donna, tutti e due hanno commesso
abominio; dovranno essere messi a morte; il loro sangue ricadrà
su di loro" (Lv 20,13).
La condanna non viene motivata
e neppure posta in relazione con l'ordinamento della creazione. Non è
possibile affermare con sicurezza se il divieto riguardi l'omosessualità
in generale o una forma specifica di prostituzione cultuale (maschile)
(cf. Dt 23,18s; 1Re 15,12; 2Re 23,7). La relazione con la prostituzione
sacra praticata a Canaan può permettere un'interpretazione dell'omosessualità
come mancanza contro la purezza della fede di Jahvé e - non da ultimo,
a causa della grande stima degli ebrei per il matrimonio e la famiglia
- come espressione tipica dell'immoralità dei pagani.
La proibizione dei rapporti
omosessuali potrebbe risalire anche a tabù arcaici. Il contesto
della legge di santità (Lv 17-26) evidenzia due aspetti che continueranno
ad essere determinanti per l'evoluzione successiva: in quanto tipico vizio
dei pagani, l'omosessualità costituisce una linea di demarcazione
nei riguardi dell'identità religiosa di Israele e viene posta in
relazione con l'idolatria. I libri di Samuele (1Sam 18,1-4; 20,50; 2Sam
1,26) raccontano l'intima relazione che esisteva fra Davide e Gionata e
la profondità della loro amicizia fra uomini. Nonostante il linguaggio
erotico, con molte allusioni tratte dal linguaggio metaforico dell'amore
(amare molto, 1Sam 19,1; amare come la propria vita, 1Sam 18,1-3, cf. Gen
34,2s; andare in campagna, 1Sam 20,11, cf. Ct 7,12; baciare, piangere,
giurare, 1Sam 20,41s, cf. Ct 2,7; 8,1.4), i testi non consentono un'interpretazione
inequivocabilmente omosessuale.
"L'angoscia mi stringe per
te, fratello mio Gionata! Tu mi eri molto caro; il tuo amore era per me
meraviglioso più che amore di donna" (2Sam 1,26).
Nel Nuovo Testamento l'omosessualità
viene ricordata solo nelle lettere di Paolo e solo Rm 1,17 si riferisce
al fenomeno in generale, cosa che non è possibile affermare con
certezza, a causa del vocabolario utilizzato (malakoi, arsenokoitai), riguardo
a 1Cor 6,9 e 1Tm 1,10. "Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami;
le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura.
Ugualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna,
si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi
uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che
si addiceva al loro traviamento" (Rm 1,26s). "Non illudetevi: né
immorali, né idolatri, né adulteri, né effeminati,
né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi,
né maldicenti, né rapaci erediteranno il regno di Dio" (1Cor
6,9s).
"Certo, noi sappiamo che
la legge è buona, se uno ne usa legalmente; sono convinto che la
legge non è fatta per il giusto, ma per gli iniqui e i ribelli,
per gli empi e i peccatori, per i sacrileghi e i profanatori, per i parricidi
e i matricidi, per gli assassini, i fornicatori, i pervertiti, i trafficanti
di uomini, i falsi, gli spergiuri e per ogni altra cosa che è contraria
alla sana dottrina" (1Tm 1,8-10). E' controverso se in 1Cor 6,9 si condannino
in blocco i rapporti omosessuali o solo la pederastia o addirittura solo
una forma particolare della stessa, cioè l'amore prezzolato dei
bambini. La resa abituale dei termini con "Lustkbaben" ( = bambini di piacere)
e "Knabenschänder" (stupratori dei bambini) è possibile, ma
non si può dimostrare che sia corretta. Anche 1Tm 1,10 non aiuta
a chiarire il significato di questa terminologia. E' controverso se in
Rm 1,26-27 si tenga presente o meno anche l'omosessualità femminile.
Nel v. 26 l'"uso contro natura" (para physin), non ulteriormente specificato,
della sessualità mediante la donna consente molte interpretazioni
(rapporti sessuali non coitali come antica forma di contraccettivo?). Nel
v. 27 si condannano senza dubbio i rapporti sessuali di uomini con uomini
(perché essi vivono "allo stesso modo" una sessualità disgiunta
dal concepimento?).
Il tema affrontato da Paolo
in Rm 1,18-3,20 è la necessità della redenzione da parte
di tutti gli esseri umani. Egli illustra la caduta nel peccato dei pagani
anzitutto e soprattutto con le colpe sessuali, fra cui anche l'omosessualità
che era considerata un tipico vizio "pagano". Paolo censura aspramente
ogni tipo di sessualità che dipenda (v. 24) dalla "concupiscenza"
(cf. v. 24), sia cioè praticata in modo disgiunto dalla procreazione
(v. 26!). Perciò, in Rm 1,27 egli condanna certamente l'omosessualità,
ma lì si presuppone il legame con un scopo molto chiaramente definito
sessualità umana: essa serve esclusivamente alla procreazione. Paolo
potrebbe anche volere semplicemente affermare che le donne e gli uomini
debbono rispettare i ruoli sessuali che sono stati loro assegnati e la
loro relativa espressione culturale (cf. 1Cor 11,14s). In questo caso,
l'espressione "hanno cambiato i rapporti naturale con rapporti contro natura"
dovrebbe essere intesa nel senso che le donne non devono scambiare il ruolo
sessuale passivo, sottomesso, con un ruolo attivo, di loro scelta, e che
l'uomo "passivo" attraverso i rapporti omosessuali si "disonora". Secondo
la mentalità del paganesimo greco-romano la tolleranza del comportamento
omosessuale cessava quando un uomo libero assumeva il ruolo passivo, femminile,
sottomesso e la donna imitava il ruolo attivo degli uomini. Paolo potrebbe
riferirsi a questa mentalità e collegare queste concezioni con la
visione specificamente approvata del giudaismo, secondo cui la prassi omosessuale
viene intesa come un comportamento contrario all'ordinamento divino. Sia
in 1Cor 6,9 (cf. v. 11) che in Rm 1,27 Paolo ha in mente un atto volontario
attraverso il quale persone di per sé eterosessuali si abbandonano
a pratiche omosessuali. Come la persona deve e può astenersi dall'idolatria,
così essa può e deve, secondo Paolo, astenersi anche dall'omosessualità.
La riflessione di Paolo non riguarda l'omosessualità costituzionale.
Giudizi storicamente condizionati
La condanna degli atti omosessuali
da parte della Bibbia avviene in un contesto temporalmente e storicamente
condizionato e dipende da determinate concezioni religiose e cultuali.
Essa non può essere estesa sic et simpliciter alla nostra situazione
odierna. Gli autori biblici nulla sanno della distinzione fra disposizione
costituzionale all'omosessualità e comportamenti omosessuali, così
come nulla sanno dell'omosessualità come amore fra partner. Le affermazioni
bibliche sul comportamento omosessuale non vanno posti in relazione con
con ciò che noi oggi definiamo orientamento omosessuole e con ciò
che comprendiamo come relazione omosessuale integrale.
La Bibbia non ha alcuna
idea di un orientamento radicato nelle profondità della personalità
come una disposizione che configura l'essere umano e di un comportamento
omosessuale come espressione di amore personale. Non è possibile
basarsi sugli autori biblici per rispondere a una questione etica che non
si poneva per loro sullo stesso piano sul quale si pone per noi oggi.
Bisogna quindi tener conto
del condizionamento storico di queste affermazioni bibliche sull'omosessualità
e "rivedere giudizi temporalmente condizionati" (5) alla luce delle acquisizioni
delle scienze umane. Esse possono difficilmente assurgere al rango di verità
assoluta ed eterna.
In base ai racconti biblici
della creazione l'essere umano è stato creato come uomo e donna
(Gen 1,27; 2,20-24). L'uomo e la donna sono fatti l'uno per l'altro e devono
completarsi a vicenda. L'essere umano considerato dal Creatore un essere
che ha bisogno, ed è capace, di relazioni interpersonali, un essere
che trova un "di fronte" adeguato solo nel suo simile. Quest'orientamento
e rinvio alla comunità dei propri simili viene illustrato mediante
la relazione basilare che esiste fra l'uomo e la donna. Ma anche qui non
bisogna trascurare il fatto che la Bibbia nulla sapeva dell'alternativa
eterosessuale-omosessuale nel senso di un orientamento costituzionale.
Come nelle altre questioni morali, anche nell'etica sessuale - e soprattutto
nel campo dell'omosessualità - non si tratta di collezionare semplicemente
le singole norme ricordate nella Bibbia, quanto piuttosto di volgersi verso
il "centro del Vangelo", cioè verso lo spirito e la testimonianza
di vita di Gesù Cristo. A ciò appartiene anche la presa di
posizione di Gesù a favore degli oppressi e delle persone emarginate,
nonché la richiesta di non imporre alle persone pesi insopportabili
(cf. Lc 11,46). L'essere umano è chiamato a camminare verso il Tu
e ad aprirsi al prossimo. La norma basilare è il comandamento dell'amore,
che si misura sull'amore di Gesù Cristo (Gv 13,14) e costitusceil
compendio e il compimento della legge (Rm 13,8-10). Non può valere
anche per le persone omosessuali l'affermazione dell'apostolo Paolo: "Ciascuno
continui a vivere secondo la condizione che gli ha assegnato il Signore,
così come Dio lo ha chiamato" (1Cor 7,17)?
3. La tradizione
La tradizione cristiana condanna
unanimemente l'omosessualità e gli atti omosessuali come peccati
contro natura. Lo fa anzitutto in base al diritto naturale e in genere
in modo stereotipato.
La condanna degli atti omosessuali
viene motivata soprattutto con un rinvio a Gen 19 e al "contra naturam"
di Paolo nella lettera ai Romani. Il comportamento omosessuale è
considerato un sovvertimento dell'ordine della creazione, con "profanazione
del corpo" e "spreco del seme".
Gli atti omosessuali sono
considerati un comportamento perverso e pervertito, in quanto contrario
alla "natura". Questo comportamento contro natura sarebbe stato punito
in modo esemplare e spaventoso con la distruzione di Sodoma.
Anche in epoca moderna la
condanna degli atti omosessuali si è basata in modo decisivo sulla
dottrina del diritto naturale. Nei Catechismi di Pietro Canisio l'omosessualità
viene posta fra i "peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio". Nella
tradizione protestante la condanna dell'omosessualità si distingue
solo molto marginalmente da quella della tradizione cattolica. Nella condanna
teologica dell'omosessualità influiscono in modo decisivo il pessimismo
sessuale, che attinge a piene mani alle fonti non cristiane, e la svalutazione
della sessualità e del piacere tipica delle dottrine dualistiche.
L'unica giustificazione dell'attività sessuale è la sua finalità
procreativa. A tutto questo si aggiungono errori biologici, come ad esempio
l'idea che nello sperma maschile sia già presente un essere umano
completo (homunculus). In questo quadro concettuale la valutazione dell'omosessualità
non poteva che essere negativa. Del resto, prima del nostro secolo era
inconcepibile l'idea che la pulsione sessuale presentasse un condizionamento
costituzionale. La tradizione cristiana - al pari della Bibbia - vede nell'omosessualità
un comportamento deviato di un essere umano avente una costituzione propriamente
eterosessuale, un comportamento immorale che la persona omosessuale può
cambiare in qualsiasi momento con la propria volontà. Perciò,
sia la Bibbia che la tradizione ignorano, e non considerano, l'omosessualità
come una disposizione e identità che modella l'intera personalità
e come l'espressione di una relazione d'amore personale. Si dovrebbe quindi
valutare criticamente in che misura i giudizi storicamente condizionati
della Bibbia e della tradizione cristiana possono essere considerati vincolanti
in questo nuovo contesto.
4. Il magistero della chiesa
Il magistero della chiesa
rimane prigioniero della posizione tradizionale. Nella dichiarazione della
Congregazione per la dottrina della fede su "Alcune questioni di etica
sessuale" del 29 dicembre 1975 (6) si riconosce - per la prima volta in
un documento romano - l'esistenza di una costituzione omossessuale immodificabile.
Si parla infatti di omosessuali "che sono definitivamente tali per una
specie di istinto innato o di costituzione patologica, giudicata incurabile"
(n. 8). Il documento avverte comunque che da ciò non si dovrebbe
dedurre che si possano giustificare "le relazioni omosessuali in una sincera
comunione di vita e di amore, analoga al matrimonio" (ibid.) Pur dovendo
accogliere con comprensione la persona omosessuale e porre con prudenza
la questione della sua colpevolezza, rimane vero che "secondo l'ordine
morale oggettivo le relazioni omosessuali sono atti privi della loro regola
essenziale e indispensabile", sono "intrinsecamente disordinati e, in nessun
caso, possono ricevere una qualche approvazione" (ibid.). La dichiarazione
della Congregazione per la dottrina della fede ai vescovi della Chiesa
cattolica su "Cura pastorale delle persone omosessuali" del 1 ottobre 1986
(7) si ricollega alla Dichiarazione della Congregazione per la dottrina
della fede del 1975. A motivare il documento è il fatto che in seguito
alla dichiarazione del 1975 si erano avanzate "interpretazioni eccessivamente
benevole della condizione omosessuale stessa", tanto che qualcuno si era
spinto fino a definirla "indifferente o addirittura buona" (ibid., 907).
"Oggettivamente disordinata"
Il documento distingue espressamente
fra tendenza omosessuale e atti omosessuali. Mentre l'inclinazione omosessuale
è un male ("intrinsecamente disordinata"), ma non è in sé
peccato, gli atti omosessuali sono sempre peccaminosi. "La particolare
inclinazione della persona omosessuale, benché non sia in sé
peccato, costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso
un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale. Per
questo motivo l'inclinazione stessa deve essere condannata come oggettivamente
disordinata. Pertanto coloro che si trovano in questa condizione dovrebbero
essere oggetto di una particolare sollecitudine pastorale perché
non siano portati a credere che l'attuazione di tale tendenza nelle relazioni
omosessuali sia un'opzione moralmente accettabile" (3; ibid., 907-908).
Per motivare la condanna
degli atti omosessuali si rinvia alla sacra Scrittura e all'unanime tradizione
della chiesa. Essi violano la legge morale naturale, poiché non
servono alla procreazione e non conducono a un'"unione complementare".
L'attività omosessuale "impedisce la propria realizzazione e felicità
perché è contraria alla sapienza creatrice di Dio" (7; ibid.,
918). Le persone omosessuali vengono quindi esortate a prendere la loro
croce e a "vivere la castità" (n. 12; ibid., 932); esse sono tenute
alla continenza sessuale. Infatti, "è solo nella relazione coniugale
che l'uso della facoltà sessuale può essere moralmente retto.
Pertanto una persona che si comporta in modo omosessuale agisce immoralmente"
(n. 7; ibid., 916). Essendo la dignità della persona indipendente
dall'orientamento sessuale, si condanna e vieta ogni discriminazione: "Va
deplorato con fermezza che le persone omosessuali siano state, e siano
ancora, oggetto di espressioni malevole e di azioni violente. Simili comportamenti
meritano la condanna dei pastori della chiesa, ovunque si verifichino.
Essi rivelano una mancanza di rispetto per gli altri, lesiva dei principi
fondamentali su cui si basa una sana convivenza civile. La dignità
propria di ogni persona deve essere sempre rispettata nelle parole, nelle
azioni e nelle legislazioni" (n. 10; ibid., 925). Il documento chiede prudenza
nella valutazione del comportamento omosessuale. La fondamentale libertà
e responsabilità di ogni essere umano non va messa in discussione
neppure nel caso delle persone che presentano un'inclinazione omosessuale.
Pur rifiutando radicalmente la pratica omosessuale, si può e deve
tener conto di importanti attenuanti.
Circa la pastorale delle
persone omosessuali si sottolinea la necessità di evidenziare chiaramente
la peccaminosità degli atti omosessuali: "Nessun programma pastorale
autentico potrà includere organizzazioni nelle quali persone omosessuali
si associno fra loro, senza che sia chiaramente stabilito che l'attività
omosessuale è immorale. Un atteggiamento veramente pastorale comprenderà
la necessità di evitare alle persone omosessuali le occasioni prossime
di peccato" (n. 15; ibid., 936).
Chiamati alla castità
Il Catechismo della Chiesa
cattolica (1993) (8) non contiene praticamente nulla di nuovo riguardo
ai contenuti. Ripete la dottrina sessuale tradizionale e così riassume
la posizione del magistero della chiesa: Gli atti di omosessualità
"sono contrari alla legge naturale. Precludono all'atto sessuale il dono
della vita. Non sono il frutto di una vera complementarietà affettiva
e sessuale. In nessun caso possono essere approvati" (n. 2357) "Un numero
non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali innate.
Costoro non scelgono la loro condizione omosessuale; essa costituisce per
la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti
con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà
ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a
realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane,
a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che
possono incontrare in conseguenza della loro condizione" (n. 2358).
Gli atti omosessuali vengono
considerati mancanze "gravemente contrarie alla castità" (n. 2396).
Perciò, le persone che presentano un'inclinazione omosessuale sono
chiamate alla castità. In sintesi, si può ritenere quanto
segue: L'omosessualità viene considerata contraria a ciò
che Dio ha stabilito per gli esseri umani nel piano della creazione. Questa
posizione viene suffragata con una determinata concezione della dottrina
del diritto naturale, secondo la quale il comportamento omosessuale costituirebbe
una deficienza ontica, soprattutto perché mancherebbe della capacità
basilare di generare nuova vita. Quando si tiene conto dell'omosessualità
come disposizione o costituzione, la si giudica una disfunzione, un sintomo
della "creazione decaduta" e la si considera una conseguenza del peccato
originale. Poiché l'essere umano deve realizzare l'ordine della
creazione così come Dio lo ha voluto, cioè senza cedere alla
possibilità del male, il comportamento omosessuale è sempre
oggettivamente disordinato.
Domande critiche
Alla posizione tradizionale
(e magisteriale) vengono poste alcune domande critiche sia dalla teologia
sia dalle persone omosessuali.
5. Le posizioni della teologia morale
Oggi, la nuova visione dell'omosessualità
viene discussa da parte dei teologi moralisti. Le loro discussioni spaziano
dalla posizione tradizionale, che vede nell'omosessualità un "sovvertimento
dell'ordine della creazione", fino alla visione dell'amore omosessuale
come parte della realtà creata e quindi come "variante della creazione".
Fra questi due estremi si pongono coloro che considerano l'orientamento
omosessuale un bene minore ("minus bonum") rispetto alla disposizione eterosessuale
orientata all'altro sesso. La valutazione morale del comportamento sessuale
dipende strettamente dalla concezione teologica adottata.
Sembra irrinunciabile la
distinzione fra l'orientamento omosessuale (disposizione costituzionale)
e il comportamento omosessuale. In quanto disposizione sessuale costitutiva
l'orientamento omosessuale non viene scelto liberamente dalla persona.
Non potendo ritenere una persona costituzionalmente omosessuale moralmente
responsabile di ciò che sfugge alla sua libertà, non è
possibile considerare peccaminoso l'orientamento omosessuale. Esso va quindi
riconosciuto come un dato di fatto e non soggiace direttamente in quanto
tale ad alcuna valutazione morale. Su questo punto la teologia morale è
concorde. Solo il comportamento omosessuale può essere oggetto di
una valutazione morale. Circa il comportamento moralmente responsabile
nei riguardi dell'orientamento omosessuale si avanzano due soluzioni: da
un lato, la strada della rinuncia all'attività sessuale e della
sublimazione della pulsione sessuale nel quadro di un significativo progetto
di vita, dall'altro, la strada dell'integrazione dell'orientamento omosessuale
e del comportamento che ne deriva in un'unione omosessuale stabile e duratura.
I documenti romani considerano possibile solo la prima soluzione. Gli atti
omosessuali sono "oggettivamente disordinati" e non possono quindi essere
resi buoni dall'intenzione o dalla motivazione. Alcuni moralisti considerano
la sublimazione una strada eticamente molto elevata, che dovrebbe essere
indicata non tanto come obiettivo immediato quanto piuttosto come piena
realizzazione. Come obiettivo immediato da realizzare si dovrebbe chiedere
piuttosto che la persona omosessuale, come quella eterosessuale, si sforzi
di personalizzare la propria posizione etico-sessuale di fondo, orientando
la sessualità e l'erotismo verso una relazione personale integrale.
Un terzo gruppo di moralisti considera problematico il rifiuto radicale
del comportamento sessuale soprattutto quando le persone interessate integrano
il loro orientamento sessuale in un'unione stabile e orientata al legame
personale. Questi moralisti ritengono che il comportamento omosessuale,
al pari di quello eterosessuale, sia consentito nel quadro di una relazione
personale.
Bisogna riconoscere che
la persona umana è responsabile solo di ciò di cui è
anche capace e che l'ultimo tribunale resta la sua coscienza (formata).
Perciò non si può parlare a priori - anche in caso di un
radicale rifiuto del comportamento sessuale - di peccato (grave). Ciò
richiede, infatti, la relativa concezione e la libertà di poter
agire anche diversamente. Chi in seguito a una matura riflessione perviene
a un giudizio diverso da quello del magistero e crede di non poter seguire
la chiesa in questo caso particolare, è tenuto a seguire la sua
coscienza. Non commette alcuna colpa e non si trova neppure fuori della
chiesa.
6. Il valore intrinseco della relazione amorosa integralebr>
La visione negativa dell'omosessualità
e la condanna dei comportamenti omosessuali da parte del magistero della
chiesa corrisponde in pieno all'insegnamento dell'enciclica Humanae vitae
(1968), che è stato espressamente riconfermato nell'enciclica Familiaris
consortio (1981) da Giovanni Paolo II. Quest'insegnamento rifiuta la separazione
fra attività sessuale e procreazione. Ritiene che l'elemneto decisivo
sia l'unione fra disponibilità alla donazione e disponibilità
alla procreazione, per cui ogni atto sessuale viene valutato essenzialmente
a partire dalla sua apertura nel riguardi della procreazione. Poiché
questo sembra assicurato solo dal matrimonio, solo in esso può essere
buono l'"uso della sessualità". La disponibilità alla donazione
e la disponibilità alla procreazione vengono considerate come le
due facce di una medaglia. Perciò, è illecito ogni uso della
sessualità umana svincolato della fecondità. Il criterio
decisivo per la valutazione morale del comportamento sessuale si trova
nella preservazione e nell'incondizionato rispetto di questo nesso fra
l'amore che si dona e la disponibilità alla procreazione. Tutto
ciò che contrasta con questo criterio è oggettivamente riprovevole
e "un atto in sé gravemente disordinato".
Finché si sottolinea
così fortemente l'orientamento alla procreazione e si fa dipendere
essenzialmente il compimento dell'atto sessuale.genitale dall'"apertura
di ogni atto al concepimento" non è possibile valutare positivamente
un atto omosessuale e neppure un atto eterosessuale che coscientemente
esclude il concepimento. "Ma oggi non pochi moralisti mettono in discussione
questo nesso fondamentale fra l'atto sessuale e il concepimento e, ai fini
della valutazione morale del comportamento sessuale, considerano molto
importante il fatto che l'atto sia espressione della disponibilità
alla donazione e all'amore di tutta la persona. In base a questi criteri
di valutazione sia il comportamento eterosessuale, sia quello omosessuale
- quest'ultimo in presenza di un orientamento omosessuale costituzionale
- potrebbe diventare anche un'espressione di amore personale" (9).
I presupposti per una nuova
valutazione dell'omosessualità si trovano nell'attuale diversa visione
della sessualità e della sua valutazione etica in seno allo stesso
matrimonio. Infatti, se la sessualità viene vista "nel suo valore
specifico come forma espressiva della donazione e fattore consolidante
di un'unione partenariale che si costruisce nella reciproca sollecitudine
e protezione, allora cambiano necessariamente anche i criteri di valutazione
del legame, sostenuto e modellato dalle componenti sessuali, fra le persone
orientate in senso omosessuale" (10).
Se si attribuisce un proprio
significato alla relazione partenariale e alla comunione sessuale in quanto
espressione fisica dell'amore personale e della donazione di tutta la persona,
allora bisogna riconoscere anche alle relazioni omosessuali un valore etico.
"Proprio in base a tutto questo non si può continuare a negare il
diritto morale a un'adeguata unione partenariale, sostenuta e modellata
dalle componenti sessuali, neppure a coloro il cui orientamento costitutivo
verso lo stesso sesso, indipendentemente dai fattori che possono aver contribuito
a formarlo, non sembra consentire più alcun cambiamento fondamentale"
(11). Nell'omosessualità non è possibile realizzare una dimensione
essenziale, cioè la generazione di figli. Ma si possono sperimentare
e realizzare altri importanti significati della sessualità umana.
La sessualità come veicolo della comunicazione e forma espressiva
dell'amore personale conserva tutto il suo senso e il suo valore anche
senza l'orientamento alla procreazione. "L'amore ha sempre un valore e
un senso in se stesso" (W. Kasper) (12). L'incontro e la relazione amorosa
integrale fra due persone non possiede un proprio valore anche indipendentemente
dalla procreazione di una nuova vita e dal fatto che sia una relazione
omosessuale o eterosessuale?
Se un'amicizia e un'unione
partenariale omosessuale vincolante ha in quanto tale un grande valore,
allora si può escludere quell'intimità che si esprime nel
rapporto sessuale? L'incontro fra due persone orientate in senso omosessuale
non può essere anche espressione di amore personale? Non rappresenta
anche un valore che merita di essere accolto e onorato? Queste relazioni
sostenute dall'amore, dalla fedeltà e dalla responsabilità
non vanno considerate e rispettate anche e soprattutto dalle cristiane
e dai cristiani?
7. Comportamento omosessuale nel quadro di una relazione personale
La sessualità - indipendentemente
dall'orientamento sessuale - deve essere considerata anzitutto e soprattutto
come una possibilità di comunicazione (reale-simbolica) mediante
il linguaggio del corpo. Essa è dono e offerta, compito e dovere.
Va quindi debitamente modellata. La persona omosessuale non deve reprimere
il proprio orientamento sessuale, ma lo deve accettare e integrare nell'insieme
della personalità. "L'accettazione di se stessi" (R. Guardini) (13)
comprende anche l'accettazione dell'orientamento sessuale e costituisce
il presupposto della identità con se stessi. Chi reprime la propria
sessualità, comunque essa si presenti, perde anche la possibilità
di configurarla e di viverla in modo responsabile. Ma l'accettazione e
la stima di se stessi diventano più difficili quando si dice alla
persona omosessuale che essa non dovrebbe esistere in quel modo - cioè
con il suo orientamento sessuale - o che la sua tendenza omosessuale deve
essere considerata un male o una macchia. Ora se quell'orientamento sessuale
fa radicalmente parte del suo essere e della sua personalità, un
tale giudizio non la colpisce e ferisce profondamente? Una visione così
negativa non porterà necessariamente al disprezzo e all'odio di
se stessi? Queste persone come potrebbero accettarsi, amarsi e rispettarsi?
Ora l'accettazione di se stessi è importante per poter amare gli
altri. Infatti, solo chi si sente amabile può amare gli altri in
modo oblativo. Ogni vero amore del prossimo presuppone un vero amore di
se stessi.
Si può affermare
in linea di principio che l'espressione del linguaggio corporale dovrebbe
sempre corrispondere all'atteggiamento interiore e alla relazione personale
dei partner. Solo un comportamento delicato, che rispetta la dignità
dell'altro e non lo degrada a semplice oggetto di piacere, lo prende sul
serio in quanto persona. Una volta accettato, il comportamento omosessuale
nel quadro di una relazione personale deve rispettare gli stessi criteri
etici del comportamento eterosessuale. Le relazioni erotiche e sessuali
devono essere espressione di amore personale e devono essere autentiche.
Quanto più intensa diventa la relazione sessuale tanto più
l'espressione del linguaggio corporale esige impegno e fedeltà.
"Quando si giunge a una piena unione anche in senso genitale si esprime
mediante il linguaggio del corpo l'accettazione del partner, l'attesa di
trovare in lui completamento, sicurezza e accoglienza, ecc. Trattandosi
di una relazione fra persone, la verità del simbolismo richiede
che si accetti anche il passato dell'altro in termini di gratitudine e
perdono, nonché il suo futuro in termini di promessa di fedeltà.
Sarebbe quindi inautentico comunicare all'altro che lo si accoglie e si
vuole essere una cosa sola con lui, senza essere disposti a mantenere quest'unità
anche in avvenire. In questo caso si abuserebbe del partner, facendone
un oggetto di piacere, e lo si ferirebbe nei suoi sentimenti. Se vuole
essere responsabile, l'unione sessuale comporta anche l'impegno alla fedeltà"
(14).
L'amore considera l'altra
persona per amore di se stessa. Esso include l'accettazione del partner
con il suo passato e il suo presente, ma anche nel suo futuro. Perciò,
il comportamento omosessuale, come quello eterosessuale, è responsabile
e può essere sperimentato in tutto il suo valore solo quando è
legato e inserito in relazioni amorose, vincolanti e durature. Una comunione
di vita così integrale e comprensiva richiede una decisione basilare.
Il vero amore non vuole restare chiuso in se stesso, ma vuole portare "frutto".
Non è autosufficiente - per esempio, nel senso di un "egoismo a
due" - ma è necessariamente aperto agli altri. Intendendo la fecondità
non nel senso restrittivo della generazione fisica, ma in un senso più
ampio (generazione e donazione di vita), anche le unioni omosessuali possono
portare frutto per se stesse e per gli altri. Possono realizzare gli stessi
significati delle unioni eterosessuali ed essere feconde, anche se non
in senso fisico. Mediante un impegno sociale la coppia omosessuale può
uscire dall'ambito privato e la sua relazione d'amore può produrre
frutti nella chiesa e nella società. Anche la decisione di non costituire
un'unione omosessuale, ma di vivere coscientemente una vita celibataria
può essere - quando esista una corrispondente motivazione e determinazione
- una forma di vita significativa, degna di stima e rispetto. "In ogni
caso, per la configurazione dell'omotropia l'elemento decisivo è
la misura di amore che si vive in essa e con essa. Essa può e deve
assumere il carattere di agape" (15).
8. La pastorale con le persone omosessuali
La pastorale dei seguaci
di Gesù Cristo deve essere intesa come servizio e sollecitudine
(di salvezza) per la persona umana integrale, con tutti i suoi aspetti
e tutti i suoi problemi. Essa si preoccupa che le persone possano vivere
nella libertà dei figli di Dio e secondo il desiderio di Gesù
Cristo "di avere la vita e averla in abbondanza" (Gv 10,10). L'incondizionata
dedizione alle persone è già di per sé proclamazione
del messaggio dell'amore incondizionato di Dio. Lo scopo della pastorale
è "la piena e naturale accettazione di ogni persona, che possiede
la stessa dignità in quanto creatura e figlia di Dio e arricchisce,
grazie alla sua specifica costituzione, tutti gli altri" (16). Le persone
omosessuali, uomini e donne, devono trovare piena accoglienza nella chiesa.
Esse hanno ovviamente un posto e un diritto di cittadinanza nella chiesa.
Anche la responsabilità pastorale viene condivisa da tutte le cristiane
e da tutti i cristiani, occorrono comunque interlocutori competenti e consulenti
e accompagnatori qualificati. Poiché certi problemi delle persone
omosessuali derivano essenzialmente dal loro ambiente sociale occorre un
impegno politico attivo nella società e nella chiesa. Perciò,
la presa di posizione a favore delle persone omosessuali, comunque esse
vengano stigmatizzate ed emarginate, l'impegno a favore dei loro diritti
e l'eliminazione della discriminazione fanno parte integrante di una pastorale
con le persone omosessuali.
Una pastorale che prende
sul serio la persona come soggetto della propria esperienza di vita rende
giustizia alle persone omosessuali solo se viene elaborata e attuata insieme
a loro. Il compito principale della pastorale non deve essere quello di
recare la dottrina della chiesa ai "poveri peccatori", bensì quello
di stimolare le energie spirituali e vitali in modo tale che esse possano
autodeterminare e realizzare responsabilmente la loro vita. Questo suppone
da parte dell'agente pastorale non solo una grande sensibilità,
ma anche una (certa) competenza nel campo della psicologia umana, della
teologia e della spiritualità. "Nell'agente pastorale l'uomo omosessuale
e la donna lesbica troveranno un sostegno per il loro sforzo e desiderio
di interpretare anche teologicamente la loro costituzione omosessuale,
trovare un senso alla stessa e scoprire la volontà di Dio riguardo
alla concretizzazione e configurazione della loro vita, una vita che è
ben più della semplice omosessualità, ma nella quale l'orientamento
omosessuale riveste un'importanza basilare, poiché non è
possibile svincolarlo dal fondamento dell'essere persona" (17).
Consulenza e accompagnamento
Le persone omosessuali hanno
diritto alla consulenza e all'accompagnamento pastorale (intervento in
caso di crisi, consulenza, accompagnamento spirituale, affidamento a psicoterapeuti...).
E' molto importante che le persone omosessuali (specialmente nel processo
del coming out) incontrino interlocutori e interlocutrici comprensivi,
persone di riferimento che le accettino con la specificità dei loro
sentimenti, del loro comportamento e della loro definizione di se stessi
e (riflettendo criticamente) le sostengano. Per molte persone omosessuali
questa è l'unica possibilità di confidarsi senza timori e
parlare liberamente almeno con una persona. L'accompagnamento e la conversazione
dovrebbero poter includere anche l'aspetto religioso e spirituale. Una
consulenza e un accompagnamento competenti riconoscono l'orientamento sessuale
come parte essenziale della persona. Il loro compito è quello di
accompagnare con grande sensibilità e favorire la conoscenza di
sé, l'accettazione della sessualità, l'accoglienza e l'integrazione
dell'orientamento omosessuale nella vita. All'occorrenza, le persone omosessuali
hanno bisogno di essere aiutate anche a costituire un'unione stabile. Vanno
accompagnate (riflettendo criticamente) anche le persone omosessuali che
scelgono la vita celibataria.
E' particolarmente importante
sostenere i genitori di figli omosessuali, accompagnarli nel loro cammino
e aiutarli soprattutto a liberarsi da infondati sensi di vergogna e di
colpa.
Le persone omosessuali non
sono oggetti della pastorale, bensì soggetti attivamente partecipi.
Il presupposto di una pastorale che non degrada le persone omosessuali
a livello di "casi pastorali" è la stima e il rispetto per la decisione
di coscienza della singola persona. Esistono coppie omosessuali che decidono
di vivere stabilmente insieme. Molti, in base alla loro fede cristiana,
sentono la necessità e il desiderio di suggellare il loro amore
con una specifica celebrazione liturgica e di invocare sulla loro vita
comune la benedizione di Dio. Questa celebrazione - diversa dal sacramento
del matrimonio - deve esprimere la promessa della protezione divina sulla
loro unione. Può essere un'interpretazione spirituale e un accompagnamento
cultuale delle persone che vivono e amano in modo omosessuale. Una tale
celebrazione richiede evidentemente una grande sensibilità in modo
che si distingua chiaramente per forma e contenuto dalla celebrazione del
matrimonio e non venga snaturata e posta al servizio di altre finalità.
Rispettarsi
a vicenda e fare spazio all'incontro
Il presupposto più
importante per un vero dialogo con le donne e gli uomini omosessuali è
il fatto di dialogare con loro e non limitarsi a parlare di loro. L'incontro
diretto fra persone omosessuali ed eterosessuali e la conoscenza personale
è un primo passo verso una maggiore comprensione e una vera accettazione.
Questo richiede l'instaurazione di un clima nel quale si possa parlare
liberamente e rispettosamente dell'omosessualità e delle persone
omosessuali. Si deve assicurare che ogni persona omosessuale possa parlare
apertamente della propria condizione perlomeno in seno alla sua chiesa
senza essere punita e emarginata. Finché le donne e gli uomini omosessuali
sono discriminati nella società e nella chiesa, i gruppi di solidarietà,
dialogo e lavoro delle persone omosessuali hanno importanti compiti da
assolvere. (Questi gruppi hanno lo scopo di facilitare il coming out, promuovere
la solidarietà fra le persone omosessuali, rafforzare l'auto-accettazione
e l'auto-coscienza, attirare l'attenzione dell'opinione pubblica sui loro
problemi, eliminare i pregiudizi e migliorare la loro condizione giuridica).
Essi sono partner importanti per il dialogo e la collaborazione. Ma la
pastorale deve sentirsi responsabile anche di coloro che non si sentono
rappresentati da questi gruppi e organizzazioni. Accanto allo spazio protetto
della pastorale e della consulenza sono molto importanti anche il lavoro
formativo e la sensibilizzazione dell'opinione pubblica. Informando e spiegando
si possono eliminare pregiudizi e paure, sviluppare un'immagine più
realistica delle persone omosessuali e accrescere la comprensione nel loro
riguardi. La formazione della coscienza in tutti i settori richiede che
si parli con la maggiore naturalezza possibile anche dell'omosessualità
ogniqualvolta si affrontano i temi della sessualità e delle relazioni
(scuola, iniziative giovanili, formazione degli adulti, preparazione al
matrimonio, formazione delle vocazioni ai ministeri ecclesiali).
Eliminare la discriminazione
Una chiesa che sa di dover
restare sempre a fianco delle minoranze discriminate rifiuta come inumana
e non cristiana ogni forma di diffamazione e discriminazione. Purtroppo
la condanna ufficiale delle relazioni omosessuali da parte della chiesa
non può che rafforzare la tabuizzazione, discriminazione ed emarginazione
sociale delle persone omosessuali. La chiesa sarebbe più credibile
se precedesse tutti con il buon esempio nella sue proprie file. E' molto
importante anche l'impegno politico-sociale. Un concreto contributo per
l'eliminazione delle discriminazioni sarebbe la cancellazione di tutte
le leggi particolari (diritto penale speciale) contro l'omosessualità,
che consolidano inevitabilmente i pregiudizi, nonché l'adozione
di una legislazione non discriminante. La definizione del matrimonio come
unione partenariale fra uomo e donna e come orientamento in linea di principio
alla paternità non consente di equiparare ad esso l'unione a vita
delle persone omosessuali. Per lo stesso motivo si evita l'uso del termine
"matrimonio" per le unioni di persone dello stesso sesso. Ma le unioni
stabili delle persone dello stesso sesso dovrebbero essere pubblicamente
riconosciute come forma di vita specifica e dovrebbero essere giuridicamente
protette (registrazione delle unioni, diritto di visita e informazione,
diritto ereditario, diritto di cessione dell'alloggio). Il riconoscimento
giuridico della coppia omosessuale non comporta alcuna svalutazione o messa
in discussione del matrimonio e della famiglia, ma serve alla stabilità
e alla protezione dell'unione dei due partner. Poiché la riuscita
dell'unione dipende essenzialmente dall'ambiente sociale è importante
impegnarsi al riguardo.
Il sì incondizionato di Dio
Amare qualcuno significa
dirgli: E' bello che tu esista! L'accettazione e accoglienza dell'essere
umano da parte di Dio non dipende dal suo orientamento sessuale. Si fonda
piuttosto su un libero dono di Dio, sul suo amore incondizionato, che ci
è stato offerto in modo definitivo in Gesù Cristo. Il sì
di Dio all'essere umano è un sì pieno e riguarda l'uomo reale
e l'intera sua esistenza. Questo sì di Dio ci consente e autorizza
a dire sì a noi stessi, ad accettarci, a comprenderci come figlie
e figli di Dio, a incontrarci con stima e rispetto, a collaborare all'edificazione
di una chiesa e di una società che siano ambienti di vita per tutti.
Bisogna che anche noi pronunciamo insieme a lui e dopo di lui Il grande
sì di Dio. La pastorale con le donne e gli uomini omosessuali deve
anzitutto permettere loro l'esperienza dell'essere rispettati, accettati
e compresi per quello che sono: "E' bello che tu esista, anche con la tua
natura, con ciò che costituisce la tua identità, quindi anche
con la tua omosessualità" (H. Rotter). Quest'autentica accettazione
e sincera stima da parte dell'operatore e dell'operatrice pastorali imita
e manifesta la benevolenza e l'amore incondizionato di Dio nei riguardi
dell'essere umano.
(traduzione di Romeo Fabbri)
Note
1) U. Rauchfleisch, "Homosexualität
(Anthropologisch)", in W. Kasper (a cura di), Lexikon für Theologie
und Kirche, vol. 5, Freiburg in Br., 1996, 254.
2) K. Löwitt, Die Sprache
der Sexualität, Frankfurt a. M., 1992, 31.
3) W. Müller, Homosexualität
- eine Herausforderung für Theologie und Seelsorge, Mainz, 1986,
127.
4) Cf. M.Stowasser, "Homosexualität
und Bibel. Exegetische und hermeneutische Ueberlegungen zu einem schwierigen
Thema", in New Testament Studies 43 (1997) 503-526; B,J, Brooten, "Homosexualität",
in NBL II, 192-193; K. Hoheisel, "Homosexualität", in RAC 16, 289-364.
5) R. Schnackenburg, Die
sittliche Botschaft des Neuen Testaments. Von Jesus zur Urkirche, Freiburg
i.Br., 1986, 241.
6) Congregazione per la dottrina
della fede, Alcune questioni di etica sessuale, EV 5/1728ss.
7) Congregazione per la dottrina
della fede, Cura pastorale delle persone omosessuali, EV 10/902ss.
8) Catechismo della Chiesa
cattolica, Libreria Editrice Vaticana, 1992.
9) J. Gründel, "Haben
Homosexuelle Heimat in der Kirche?", in U. Rauchfleisch (a cura di), Homosexuelle
Männer in Kirche und Gesellschaft, Düsseldorf 1993, 56.
10) W. Korff, "Homosexualität
(Theologisch-ethisch)", in W. Kasper (a cura di), Lexikon für Theologie
und Kirche, vol. 5, Freiburg i. Br., 1996, 257s.
11) Idem, Wie kann der Mensch
glücken? Perspektiven der Ethik, München 1985, 227.
12) W. Kasper, Zur Theologie
der christlichen Ehe, Mainz 1977, 28.
13) R. Guardini, Die Annahme
seiner selbst, Mainz 1987.
14) H. Rotter, "Sexualität",
in Idem-G. Virt (a cura di), Neues Lexikon der christlichen Moral,
Innsbruck 1990, 687.
15) B. Fraling, Sexualethik.
Ein Versuch aus christlicher Sicht, Paderborn 1995, 242.
16) H. Heinz, "Homosexualität
und geistliche Berufe", Stimmen der Zeit 214 (1996) 681-692, 688.
17) W. Müller, "Mit
Homosexuellen leben", in K. Baumgartner-M. Langer (a cura di), Aussenseitern
leben. Eine Herausforderung für die Christen, Regensburg 1988,
64-74, 72