San Bonaventura
Il
dottor serafico e devoto
di Maurizio Schoepflin
Soprannominato dottore devoto e, successivamente, dottore serafico, vescovo
di Albano e cardinale, ottavo Ministro Generale dei Frati Minori, filosofo e
teologo insigne, inscritto nell'albo dei Santi della Chiesa da papa Sisto IV nel
1482 e proclamato Dottore da Sisto V nel 1588, san Bonaventura si presenta come
un vero e proprio gigante della fede e del pensiero, il cui messaggio
spirituale, patrimonio indubbiamente prezioso, conserva una grande attualità e
una sicura capacità di indirizzare gli animi verso Dio.
Nato nei pressi di
Bagnoregio, vicino a Viterbo, verso il 1217 o 1221, Bonaventura, il cui nome era
Giovanni Fidanza, in tenera età fu miracolosamente guarito da san Francesco,
nella cui fami-glia religiosa entrò verso il 1238, diventandone Generale nel
1257. Nel 1273, creato cardinale, lasciò la carica nell'Ordine e si dedicò con
fervore alla causa dell'unità dei cristiani, partecipando con particolare
autorevolezza ai lavori preparatori del Concilio di Lione voluto dal Beato papa
Gregorio X. Morì il 15 luglio 1274.
Bonaventura fu uno studioso assai
profondo e un fecondissimo scrittore: compose decine di opere che spaziano dalla
filosofia alla teologia, dall'ascetica all'oratoria. È stato detto che in lui
"filosofia, teologia patristica si trovino sistematicamente fuse, ma non
confuse": in effetti per san Bonaventura la filosofia è naturalmente cristiana,
come naturalmente cristiana è 1'anima da cui essa trae origine, e, ancora,
naturalmente cristiana è la piena verità sull'uomo e sull'essere. Dunque, a
giudizio del Santo Dottore, la ragione umana che vuole e deve cercare le cause
ultime, non può non incontrare la fede e lasciare il passo alla teologia e alla
mistica, che sono in grado di salire sino alle vette supreme della verità, che è
Dio stesso.
Ecco quanto si legge nel Prologo dell'Itinerario della mente in
Dio, l'opera più celebre di san Bonaventura, concepita sul monte della Verna,
ove, nel 1224, san Francesco aveva ricevuto le stimmate: "Pertanto esorto il
lettore, prima di tutto, al gemito della preghiera per il Cristo crocifisso, il
cui sangue deterge le macchie delle nostre colpe; e ciò perchè non creda che gli
basti la lettura senza l'unzione, la speculazione senza la devozione, la ricerca
senza 1'ammirazione, la considerazione senza l'esultanza, l'industria senza la
pietà, la scienza senza la carità, l'intelligenza senza l' umiltà, lo studio
senza la grazia divina"; e ancora, al termine del suo scritto, san Bonaventura,
volendo consigliare il lettore circa l'atteggiamento interiore da prediligere,
si sintonizza sulla medesima lunghezza d'onda: "Se ora brami sapere come ciò
avvenga, interroga la grazia, non la dottrina; il desiderio, non l'intelletto;
il gemito della preghiera, non lo studio della lettera; lo sposo, non il
maestro; Dio, non l'uomo; la caligine, non la chiarezza; non la luce, ma il
fuoco che tutto infiamma e trasporta in Dio con le forti unzioni e gli
ardentissimi affetti".
I brani del capolavoro bonaventuriano sopra riportati
risultano assai eloquenti per comprendere il pensiero del dottore serafico, che
non disprezzò la ragione e la filosofia, ma riconobbe la necessità di innalzarsi
a Dio mediante lo slancio della preghiera e dell'amore, a1 fine di trovare le
risposte più autentiche e definitive alle domande ultime che l'uomo si pone.
San Bonaventura guardò con particolare ammirazione al messaggio di
sant'Agostino e predilesse la dimensione spirituale e quella mistica, secondo
una sensibilità che antepone la volontà all'intelletto e che ritiene che mai la
scienza possa fare a meno della fede: la certezza del sapere, per quanto utile,
è cosa ben diversa dall'adesione alla verità operata dalla fede; quest'ultima,
infatti, richiede un impegno personale che mette in gioco la vita stessa
dell'uomo, mentre il sapere razionale non va oltre la certezza speculativa.
Anche il misticismo bonaventuriano si colloca nell'alveo della tradizione
agostiniana e trova la sua più matura espressione nell'indicazione della via
ascensiva che, attraverso sei gradi, descritti dal Santo come le sei ali di un
Serafino, conduce fino a Dio: il primo consiste nella considerazione dell'ordine
e della bellezza delle cose; il secondo guarda alle cose come le giudica 1'anima
facendo astrazione dalla sensibilità; nel terzo grado si contempla Dio riflesso
nei poteri dell'anima umana (memoria, intelletto e volontà; nel quarto, tale
contemplazione avviene nell'anima illuminata da fede, speranza e carità; nel
quinto, Dio viene contemplato come essere; nel sesto, infine, si contempla Dio
come bene che si realizza nella Trinità.
Giunta a questo punto, 1'anima deve
procedere oltre, abbandonare qualunque operazione intellettuale e trasportare in
Dio tutto 1'affetto: si tratta dell'estasi, opera dello Spirito Santo, che
annulla ogni potere umano e fa risplendere a pieno la luce divina: "Quasi da una
ignoranza dotta il nostro spirito è rapito al di sopra di sè, nell'oscurità e
nell'estasi"; in questo stato eccezionale ricorda conclusivamente san
Bonaventura - l'uomo si unisce al Creatore, partecipando alla sua vita e
conoscendo la sua essenza.
Bibliografia
San Bonaventura, itinerario della mente in Dio - Riconduzione delle Arti
alla Teologia, Città Nuova, Roma 1995.
E. Bettoni, San Bonaventura
da Bagnaregio. Gli aspetti filosofici del suo pensiero, Biblioteca
Francescana Provinciale, Milano 1973.
Sofia Vanni Rovighi, San
Bonaventura, Vita e Pensiero, Milano 1974.