Giuseppe Sermonti
LA SPIEGAZIONE EVOLUTIVA
La teoria dell'evoluzione si riassume nel principio per cui tutto si forma per caso, per gradi e per opportunismo. Non è necessariamente una teoria biologica, ed ha trovato feconde applicazioni nel campo della sociologia, dell'arte, della psicologia, della politica, della storia. Ciò che la caratterizza come prima proprietà è di essere straordinariamente feconda, come, scusate la banalità: ha una spiegazione per tutto. Perché l'uccello ha le ali? La risposta evoluzionistica è: perché una specie di quadrupede ha subito una serie di piccole trasformazioni dei suoi arti anteriori, e queste si sono dimostrate utili e si sono quindi conservate e moltiplicate sinché l'uccello ha spiccato il volo. Perché il pesce ha le pinne, o il gatto le unghiette o l'uomo i capelli? La spiegazione è la stessa. E chi dovesse dubitare di questo verrebbe subito guardato storto come un credente nei miracoli, nell'intelligenza di Dio o più semplicemente come un nemico della conoscenza. La stessa spiegazione evolutiva si adatta alle nostre istituzioni sociali, agli ultimi modelli delle nostre automobili e alla bianchezza dei detersivi.
La straordinaria fertilità della spiegazione evolutiva deriva dal fatto che essa, non dando alcuna ragione specifica per alcuna cosa, spiega con pari efficacia tutto. Essa non ha bisogno di fornire prove perché è l'unica spiegazione possibile, l'unica che non facendo ricorso a categorie prestabilite o a considerazioni metafisiche può essere scientificamente proposta. Ora si dà il caso che quel tipo di categorie e di considerazioni che esse rifiuta siano per l'appunto le forme del pensiero umano, gli strumenti attraverso cui l'uomo penetra nella realtà, partecipa alla realtà. E quindi l'adozione della spiegazione evolutiva, eludendo tutti i problemi, evita all'uomo il confronto, lo scontro con il mondo e il dramma che emerge tra tutte le cose cui cerchiamo di dare una ragione.
Dire che una cosa è derivata da un'altra per progressive e continue trasformazioni significa non cogliere mai, nella sua genesi, un punto in cui sia successo qualcosa. Un minuscolo sussulto della realtà non ha bisogno d'essere spiegato. Come alla fine tanti eventi insignificanti abbiano prodotto qualcosa di nuovo non ha neanche bisogno di essere dimostrato. Se il nuovo ha sostituito il vecchio è perché era più idoneo ad esistere di esso, e ciò è provato, esaurientemente provato, dal fatto che la sostituzione è avvenuta.
Nella sua elusiva, evanescente spiegazione della realtà, l'evoluzionista coltiva tuttavia un'ambizione faustiana. Una volta che io so come la realtà ha preso forma, allora io potrò con le mie mani ripetere il processo, ricostruire il mondo. Il mondo mi apparterrà e non avrò più bisogno di rivolgermi al primo Artefice. Anzi, ciò che conterà è che io sappia costruire o modificare la realtà e la vita, e se anch'io non l'avrò fatto attraverso lo stesso procedimento adottato dalla natura, la mia opera non sarà per questo meno ammirevole. Varrà, anzi, come non averci pensato? ancora di più. Quel che importa è scoprire, svelare, sconfessare le possibilità della natura, ma poi affrancarsi da essa. Che senso avrebbe aver rubato il segreto della natura per rifare ciò che la natura già faceva? Si dovrà fare il nuovo, l'innaturale, l'inedito, che abbia il segno dell'uomo.
La "spiegazione evolutiva" tende a trasformare la conoscenza in tecnologia, una tecnologia che provi innanzitutto il potere, la capacità dell'uomo, il titanico rovesciamento della realtà, allorché i divini misteri dell'essere saranno aggiogati alla catena di montaggio delle officine umane, e l'ambrosia rovesciata degli olimpi riempirà d'ebbrezza la terra.
Giuseppe Sermonti
L'anima scientifica
Simbolismo e funzione della scienza
Solfanelli, Chieti 1994, p. 47-49