COMUNISMO: LA TERRIBILE
CARNEFICINA
Oltre 200.000.000 di vittime.
Questo il tragico bilancio
del Comunismo realizzato.
L' ateismo marxista
ha combattuto Dio e ucciso
l' uomo.
di Eugenio Corti
Eugenio Corti, il più amato scrittore vivente di ispirazione cattolica, secondo un recente referendum del quotidiano Avvenire, è nato e vive in Brianza. Oltre le opere che sono citate nel box "bibliografia", segnaliamo: I più non ritornano. Diario della ritirata di Russia (Mursia); Gli ultimi soldati del re (Ares); Il fumo nel tempio (Ares); La terra dell'india (Ares). Corti è scrittore cattolico, capace di leggere la vita, i fatti quotidiani e la grande storia con le categorie culturali che nascono dalla fede. In questo è autentico maestro. Da questo numero, inizia la sua collaborazione a "il Timone".
"Dai loro frutti li potrete riconoscere" (Mt 7,20). La verità di questa
massima evangelica, sempre attuale, ci porta a formulare un giudizio di severa
condanna del Comunismo.
La considerazione dei frutti, o, perlomeno, dato lo
spazio limitato di un articolo, del più tragico di questi: 1'altissimo numero di
vittime che il comunismo ha provocato ovunque si è instaurato, obbliga ogni
spirito libero a condannare nei termini più rigorosi una ideologia che, anzichè
difendere le classi umili, ha finito con il far pagare, a prezzo della loro
vita, proprio a milioni di poveri e di innocenti la follia di un progetto
diabolico che pretendeva di costruire una società senza Dio.
Basti
ricordare, per fare un primo esempio, la lotta guidata da Stalin ai contadini
piccoli proprietari che comportò nel 1929 e 1930 la deportazione-sterminio di 10
milioni di kulaki, più di 5 milioni di subkulaki, cui seguirono 6 milioni di
morti di fame nella conseguente carestia 'artificiale' del 1931-32 (con molti
casi di cannibalismo). In questa lotta vennero dunque sacrificate
complessivamente 21 milioni di persone.
Quante furono in totale le vittime
in Unione Sovietica? Stando a quanto afferma il professore di statistica
Kurganov, tra il 1917 e il 1959, cioè nei primi 42 anni di dominio comunista, le
perdite umane dovute alle deportazioni nei campi di sterminio, alle condanne ai
lavori forzati, alle fucilazioni di massa o alle carestie provocate dall'arresto
e dalla deportazione di milioni di contadini furono più di 60 milioni. A
confermare questo numero spaventosamente elevato di vittime, superiore di oltre
dieci volte al numero degli Ebrei perito a causa dell'0locausto, va ricordato
che il 28 ottobre 1994, in un discorso al Parlamento russo (Duma), Solgenitsin
ha affermato che i morti dovuti al comunismo furono 60 milioni: nessuno, sia in
Parlamento che fuori, ha sollevato obiezioni.
Per quanto concerne il numero
delle vittima provocate dal Comunismo cinese, disponiamo di informazioni meno
dettagliate, e di gran lunga meno documentate che per la Russia. Tuttavia, un
calcolo molto vicino alla realtà è possibile. Anzitutto, per il decennio che va
dal 1949 (anno della vittoria dei comunisti e della proclamazione della
repubblica popolare) al 1958 riportiamo ciò che scrive 1'ex ambasciatore
d'Italia a Mosca Luca Pietromarchi: "In Cina... il comunismo ha causato la
perdita, dal 1949 al 1958, di cinquanta milioni di vite umane... Inoltre 30
milioni di contadini furono inviati in campo di concentramento".
Dopo di
queste. negli anni del "Grande balzo in avanti" (1958-1960) e subito successivi,
si ebbero le perdite più terrificanti, dovute alla carestia artificiale prodotta
dall'espropriazione dei contadini. Secondo il famoso sinologo Lazlo Ladany (che
fu per decenni redattore a Hong Kong del notiziario China News Analisys, da cui
attingevano materia prima praticamente tutti i giornali occidentali) i morti di
fame tra il '59 e il '62 sarebbero stati 50 milioni. Durante questi stessi anni
e in quelli successivi fino al 1966 (anno d'inizio della 'Grande rivoluzione
culturale'), si ebbe inoltre lo stillicidio sistematico delle vittime dei 'campi
di rieducazione attraverso i1 lavoro'.
Secondo R.L. Walker ed altri
sinologhi, il numero dei deportati oscillava allora tra i 18 e i 20 milioni; il
che - volendo supporre, con ottimismo, una mortalità nei lager cinesi analoga a
quella sovietica, cioè del 7-8% annua - comporterebbe un milione e mezzo circa
di morti all'anno, dunque una dozzina di milioni per il periodo 1958-1965.
L'unico studio sistematico a nostra conoscenza, relativo all'intera prima
fase che va dal 1949 al 1965, è quello effettuato da Richard L. Walker per conto
del Senato americano: studio che da - ripartendole per categorie - da un minimo
di 34.300.000 a un massimo di 63.784.000 vittime, a seconda delle fonti. Vi
mancano, però, quasi del tutto, i dati relativi alle vittime del 'Grande balzo
in avanti'.
Nel periodo successivo, cioè negli anni dal 1966 (inizio
rivoluzione culturale), al '76 (morte di Mao), si ebbero appunto le vittime
prodotte dalla rivoluzione culturale, che ammontano certamente a diverse decine
di milioni.
Un quadro fondato scientificamente del numero complessivo delle
vittime fatte dal comunismo in Cina potrebbe essere suggerito dallo studio
statistico di Paul Paillat e Alfred Sauvy, pubblicato nel 1974 sull'autorevole
rivista parigina Population (n. 3, pag. 535). Da esso emerge che la popolazione
cinese era in quell'anno inferiore di circa 150 milioni di persone a quella che
avrebbe dovuto essere statisticamente, cioè in base al suo tasso di crescita pur
calcolato in modo prudenziale.
In Cambogia, nel triennio 1975-1978, la
percentuale di vittime innocenti da parte del Comunismo raggiunse una
proporzione mai conosciuta prima nella storia dell'intera umanità. I capi
comunisti Khmer il giorno stesso della presa del potere hanno deportato oltre
metà della popolazione del loro sventurato Paese. Aggiungendosi la gente già da
essi deportata in precedenza nelle zone in loro possesso, si arriva a circa
1'80% della popolazione: in tal modo praticamente tutta la Cambogia venne
trasformata in un enorme lager.
Contemporaneamente alta deportazione, i capi
Khmer diedero inizio all'eliminazione fisica di tutte 1e persone in qualche modo
'contaminate' dal capitalismo (cioè, in Cambogia, dal colonialismo), procedendo
all'annientamento degli ex detentori del potere, ex detentori dell'avere ed ex
detentori del sapere.
Complessivamente le vittime furono, in circa tre anni,
vicine ai 3 milioni, su 7 milioni di abitanti che annoverava il Paese al momento
della vittoria comunista (nell'aprile 1975): furono dunque superiori a un terzo
dell'intera popolazione. L'obiettivo al riguardo dei capi-ideologi Khmer era
contenuto in una terrificante circolare da loro distribuita alle autorità
provinciali già nel febbraio del '76, che venne portata in Thailandia da un capo
Khmer profugo: "Per costruire la Cambogia nuova un milione di uomini è
sufficiente". Nel frattempo tutti i compiti di qualche importanza nella società
venivano, per quanto possibile, affidati a bambini e ragazzi 'non contaminati
dal capitalismo' a motivo della loro età.
Negli altri paesi in cui i
comunisti hanno preso il potere si ebbero (secondo il recente calcolo minimale
di S. Courtois, ll libro nero del comunismo): in Corea del Nord 2 milioni di
vittime, in Vietnam 1 milione, nell'Europa dell'Est 1 milione, in Africa
1.700.000, in Afganistan 1.500.000. Ma finche non emergeranno notizie che
possano fondatamente modificare la terribile contabilità dei massacri, si deve
rimanere fermi sul totale di 215-220 milioni di vittime circa.
Oggi in
Italia un così sterminato massacro, di gran lunga il maggiore nella storia
dell'umanità, e come se non ci fosse mai stato: ben pochi si sono curati di
appurare la verità al riguardo.
Le ragioni.
II recente Libro nero del Comunismo non riesce a individuare la causa
principale degli eccidi: 1'impossibilità di cambiare, usando i mezzi
materialistici indicati dal marxismo, la natura e la coscienza dell'uomo. In
pratica, fanaticamente determinati com'erano a eliminare il male dal mondo, i
comunisti non hanno potuto fare altro che eliminare l'uomo dal mondo, e l'hanno
fatto, come s'è detto, su una scala mai vista prima nella storia. Oggi tanti
loro eredi pensano appunto, confusamente, che quegli orribili massacri, se non
giustificati, siano stati però nobilitati dalle buone intenzioni iniziali.
Va detto che queste stragi non avevano affatto lo scopo di conservare il
potere ai comunisti (non sarebbero state necessarie): quelle stragi facevano
parte - in parallelo con I'incremento della produzione materiale - del
meccanismo che secondo Marx e Lenin avrebbe dovuta produrre una "società di
uomini nuovi". Tale meccanismo presupponeva tra 1'altro la "violenza come
levatrice della società nuova".
Si voleva, in pratica, far cambiare a ogni
uomo la sua coscienza e la sua natura. Senza tenere nel minimo conto i reali
risultati, che consistevano soltanto in montagne e montagne di cadaveri, i
comunisti hanno insistito su questa strada perchè il fermarsi avrebbe comportato
la rinuncia all'utopica società nuova - libera dai mali di tutte le società
precedenti - per costruire la quale essi avevano ormai fatto un così sterminato
numero di morti.
Considerando che, a causa del comunismo, nella nostra epoca
abbiamo avuto una straordinaria conferma della fondatezza della visione di S.
Agostino, per il quale la storia consiste in un alternarsi continuo delle due
"città": la "città terrena" (cioè la società degli uomini che, anche quando
partono da propositi encomiabili, poichè escludono Dio dalla loro vita,
finiscono inevitabilmente col seguire il "principe di questo mondo", ossia il
demonio, il quale come sappiamo è "omicida", "padre di menzogna" e "scimmia di
Dio") e la "città celeste" (cioè la società di coloro che nel costruire la vita
in comune si rifanno in qualche modo agli insegnamenti di Dio), non ci resta che
ribadire una convinzione ormai considerata fuori moda, anche in certo mondo
cattolico: il vero bene dell'uomo e delle società, già a partire dalla vita in
questa terra, è possibile soltanto a condizione di rispettare la legge di Dio.
Altrimenti è il trionfo del demonio. Una terza via non è data.
Ricorda
"Il comunismo è intrinsecamente perverso e non si può ammettere in nessun
campo la collaborazione con esso da parte di chiunque voglia salvare la civiltà
cristiana"
(Papa Pio XI, Enciclica Divini Redemptoris, 1937).
"[...] Sono queste le ragioni che Ci obbligano, come hanno obbligato i Nostri
Predecessori e con essi quanti hanno a cuore i valori religiosi, a condannare i
sistemi ideologici negatori di Dio e oppressori della Chiesa, sistemi spesso
identificati in regimi economici, sociali e politici, e tra questi specialmente
il comunismo ateo"
(Papa Paolo VI, Enciclica Ecclesiam Suam, 1964).
Bibliografia
Eugenio Corti, L'esperimento comunista, Edizioni Ares, Milano
1991.
Eugenio Corti, II cavallo Rosso, edizioni Ares, Milano.
Eugenio Corti, Le responsabilità della cultura occidentale nelle grandi
stragi del nostro secolo, Mimep-Docete, Pessano (Ml) 1998.
Aleksandr
Solzenicyn, Arcipelago Gulag, 3 voll., Mondadori editore, Milano 1973 -
1976.
Jean Daujat, Conoscere il comunismo, Società editrice il
falco, 1977.
AAVV., II libro nero del Comunismo, Mondadori editore,
Milano 1998.